Il provvedimento recepisce le indicazioni di due direttive europee e consente di prorogare la permanenza degli immigrati irregolari, all'interno dei Centri, fino a 18 mesi dai 6 previsti ora. Palazzo Madama
Il Senato ha approvato, in via definitiva, il decreto rimpatri. Il provvedimento recepisce le indicazioni di due direttive europee sulla libera circolazione dei comunitari e sul rimpatrio degli irregolari. Il testo approvato consente di prorogare la permanenza degli immigrati irregolari, all’interno dei Cie, fino a diciotto mesi dai sei previsti con la vigente normativa. Una misura duramente contestata dal mondo associativo e dalle opposizioni che hanno organizzato un sit-in di protesta di fronte al Senato. “ Questo è un altro provvedimento che si aggiunge – denuncia Pietro Soldini, responsabile immigrazione Cgil – agli altri mostri giuridici, partoriti da questo governo e da questo parlamento, in gran parte bocciati in sede di verifica dalla Corte di giustizia europea e dalla Corte costituzionale. Le norme internazionali prevedono delle procedure di rimpatrio assistito, questo governo insiste con rimpatri forzosi, con il reato di clandestinità, arresto e detenzione nei Cie”.
Le associazioni, i cittadini e i militanti presenti al sit-in hanno accolto positivamente l’approvazione di un ordine del giorno del Pd che impegna “il governo a predisporre e adottare con urgenza tutte le misure necessarie a consentire ai giornalisti e agli operatori dell’informazione l’accesso ai centri per immigrati e richiedenti asilo, modificando le regole di accesso e neutralizzando così gli effetti della circolare del Ministro dell’Interno n.1305 del primo aprile 2011”.
Secondo la Cgil l’aumento della durata della detenzione nei Cie è inutile a raggiungere l’obiettivo: l’Italia è, infatti, il paese in Europa che fa meno rimpatri. “La procedura degli allontanamenti forzosi – conclude Soldini – è oltre che ingiusta, anche inefficace”. Il provvedimento consente anche di allungare da 5 a 7 giorni, il termine entro il quale lo straniero deve lasciare il territorio nazionale su ordine del questore, qualora non sia stato possibile il trattenimento presso i centri. Per il ministro dell’Interno Roberto Maroni l’approvazione del decreto è segno di compattezza della maggioranza e liquida la polemica sull’allungamento del tempo di detenzione nei Cie “come una misura prevista dalla direttiva europea”. La direttiva fissa il termine massimo di detenzione in 18 mesi e solo “nei casi in cui, nonostante sia stato compiuto ogni ragionevole sforzo, l’operazione di allontanamento rischia di durare più a lungo a causa della mancata cooperazione da parte del cittadino di un paese terzo interessato, o dei ritardi nell’ottenimento della necessaria documentazione dai paesi terzi”.
Le opposizioni parlano di un imbarbarimento e paragonano i diciotto mesi di detenzione a un periodo simile alla carcerazione preventiva, ma nel caso dei migranti senza aver commesso alcun reato. Resta un ultimo nodo che durante il sit-in è stato evidenziato, quello del costo della detenzione. La spesa quotidiana per ogni migrante è di 50 euro e, se trattenuto diciotto mesi, costerebbe intorno ai 30 mila euro. “Si tratta di somme ingenti – sottolinea l’associazione nazionale giuristi democratici – che ben potrebbero essere impiegate in percorsi di inserimento dei migranti ovvero, quantomeno per finanziare progetti individuali di rimpatrio volontario”.