Eliminare le Province ? No, accorpare i Comuni e azzerare le Comunità Montane.
Basta analizzare quanto accade nelle province alpine, Sondrio ad esempio: 220 km da un capo all’altro della valle, 240 km dai paesi più distanti per raggiungere Milano, sono sufficienti per giustificare la continuità di un ente intermedio. La stessa provincia conta 77 comuni e 5 Comunità Montane per un totale di 177.000 abitanti. Comuni in qualche caso microscopici come Pedesina, 32 abitanti più gli altri 3 comuni che compongono la valle Gerola per un totale di poco più di 600 abitanti (sic!!). Comuni che hanno diritto ognuno alla nomina di 3 rappresentanti all’assemblea della Comunità Montana al pari del capoluogo Morbegno, forte di ben 12.000 residenti. La rappresentanza democratica va a farsi benedire.
Così si spiega l’ostracismo dei partiti all’accorpamento dei Comuni: più municipi, più sedie, più clientela, soprattutto più possibilità di gestire i canoni che ogni anno le aziende idroelettriche versano alle Comunità Montane che non hanno alcuna funzione se non quella di distribuire finanziamenti in quanto i Comuni non riconoscono la delega alla pianificazione territoriale propria delle Comunità. Territorio suddiviso tra comuni micro significa prevalenza del campanile, impossibilità di programmazione, negazione di qualsiasi progettualità di largo respiro a valenza sociale in quanto basta l’ostracismo di una famiglia per far saltare la giunta comunale. Eppure, per risolvere la situazione, basterebbe applicare la legge 142/90 che prevede l’accorpamento dei comuni sotto i 5000 abitanti, la sostituzione delle Comunità Montane, la creazione delle città metropolitane, e il mantenimento delle Province. Una legge che da 21 anni attende di essere applicata. Ma nessuno ha il coraggio di eliminare centinaia e centinaia di posti clientelari. Meglio demagogicamente far la guerra alla province, che richiedono l’eliminazione di un minor numero di peones.