Il segretario regionale del Pd molto sereno: "L'onestà è un caposaldo di ogni buon amministratore. E io sono onesto". Ma il sottosegretario alla presidenza del consiglio lo bacchetta: "Non minimizzi una storia che comunque è finita con un omicidio"
A lanciare l’insinuazione, pesante come un macigno, è Carlo Giovanardi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri e modenese doc. “Non va minimizzata una storia nella quale hanno giocato un ruolo gli uffici comunali di Modena, quando Bonaccini era assessore, finita tragicamente nell’omicidio di chi denunciava di essere stato vittima di soprusi e angherie da parte del Comune”.
Il riferimento di Giovanardi è all’omicidio di Achiropita Tina Mascaro, la barista uccisa nel febbraio del 2007. Le testimonianze e le accuse della donna sono state infatti alla base dell’indagine per i reati che ora coinvolgono il segretario Pd. L’accusa del sottosegretario arriva anche se, come specificato anche da ilfattoquotidiano.it (che per primo ha dato la notizia delle indagini su Bonaccini), nessuno degli attuali indagati per reati contro la pubblica amministrazione, è mai stato sfiorato dal sospetto di un coinvolgimento nell’ omicidio della donna.
Ma tant’è. Il sottosegretario ha fatto anche un parallelismo tra la vicenda di Parma, con gli scandali giudiziari della giunta Vignali (travolta da un’inchiesta giudiziaria con 11 funzionari agli arresti) e il caso Bonaccini: “È incredibile che esponenti del Pd, come Pierluigi Bersani e Bonaccini, si siano precipitati a chiedere perentoriamente le dimissioni del sindaco di Parma, per responsabilità non sue, ma eventualmente di funzionari comunali”. Il tutto, prosegue l’esponente del Governo, “benché quel sindaco, diversamente da Bonaccini, non abbia mai ricevuto un avviso di garanzia”. Giovanardi però non chiede le dimissioni, ma chiede che “ci vengano risparmiati da parte del Pd i soliti due pesi e due misure”.
In mattinata Bonaccini è comparso per la prima volta davanti ai giornalisti, a Bologna per una conferenza stampa, accompagnato da Marco Monari, capogruppo Pd in consiglio regionale. “Secondo me – ha esordito Bonaccini – per fare di una persona un buon amministratore, l’onestà in sé non basta. Per quanto mi riguarda l’onestà è il prerequisito fondamentale e l’ho sempre messo a caposaldo del mio impegno amministrativo”.
Poi c’è stata la gaffe di Bonaccini: “Stamattina sono andato a ritirare l’atto con cui finalmente venivamo a conoscenza degli eventuali reati contestati. Il mio avvocato mi ha spiegato che non compare l’abuso d’ufficio”.
In realtà, come spiegherà nel pomeriggio il suo legale, Massimo Vellani, il reato contestato è effettivamente abuso d’ufficio, come scritto da subito dal nostro giornale. Per un errore, un numero sbagliato scritto dai Carabinieri nel verbale di identificazione (l’articolo del codice penale è il 323, ma era stato scritto 326), Bonaccini aveva inizialmente creduto e dichiarato che uno dei reati contestati fosse rivelazione di segreti d’ufficio. I reati sono dunque turbata libertà degli incanti (turbativa d’asta) e abuso d’ufficio. Sul verbale, fa sapere ancora il legale, sarebbero riportati i reati, ma non i fatti a cui si riferiscono.
Sulla turbativa d’asta Bonaccini ha qualcosa da dire. “È una vicenda del 2003 – spiega Bonaccini – ed è un po’ curioso che un bando pubblico a distanza di 7-8 anni venga ritirato fuori ora”. Bonaccini è più diretto: “Perché nessuno, visto che era una cosa pubblica, mi ha chiesto di chiarire prima la mia posizione?”.
Il segretario tuttavia si mostra aperto nei confronti della magistratura: “Quando il Pm tornerà delle vacanze, chiederemo di essere convocati il prima possibile. Procedere velocemente sarebbe nell’interesse di tutti”. Sui commenti sulla sua pagina Facebook che attaccano anche i magistrati (oltre a insultare il Fatto Quotidiano, che per primo ha dato la notizia dell’indagine), il segretario smorza: “Sono solo alcuni commenti… abbiamo piena fiducia nel lavoro della magistratura. Non ci siamo mai sentiti geneticamente superiori. La diversità sta nel come ci si approccia a queste cose quando accadono”.
Detto questo, alla domanda su sue possibili dimissioni, su un “bersaniano” passo indietro, il segretario e consigliere si difende con una risposta vaga: “Se fossi anche solo nel campo del sospetto, me le chiederei da solo le dimissioni”.
Del resto Bonaccini continua nella sua linea di smarcarsi dall’accostamento al caso Vignali di Parma, dove il Pd, appena una settimana fa, presente il segretario Bersani, aveva chiesto le dimissioni della giunta di centrodestra: “Sono sempre stato garantista. A Parma non abbiamo chiesto le dimissioni per una questione giudiziaria, ma per il buco in bilancio e lo scandalo che ha travolto l’amministrazione”.
Poi c’è un’altra questione su cui ancora Stefano Bonaccini non si sbilancia: la prescrizione. Alla richiesta de ilfattoquotidiano.it sulla possibilità che possa rifiutarla e farsi processare risponde “Sono talmente sereno che il tema della prescrizione non è il tema centrale… sono convinto che tutti gli atti che furono fatti furono in linea con la legge e la regolarità”.