Il compromesso, alla fine, c’è stato. Ci sono volute tre riunioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu per arrivare a un testo finale di condanna delle violenze che ormai da cinque mesi insanguinano la Siria. E’ un testo molto al di sotto delle condanne già espresse a parole da tutti i governi occidentali, Turchia inclusa, ma era, a quanto pare, l’unica cosa che si poteva ottenere in un Consiglio spaccato a metà.
Il compromesso è stato raggiunto con la posizione russa. L’ambasciatore di Mosca all’Onu Vitaly Churkin ha ottenuto che non ci fosse una bozza di risoluzione, ma solo una dichiarazione, letta dal presidente di turno del Consiglio, l’indiano Hardeep Puri. Non è un testo vincolante, come sarebbe stata una risoluzione, ma – ha commentato il ministro degli esteri italiano Franco Frattini – «è un primo passo». L’Italia finora è l’unico paese dell’Ue che ha ritirato il proprio ambasciatore a Damasco come segno di protesta per la repressione (Leggi) che ha causato almeno 1700 morti e 8 mila feriti, oltre a un numero imprecisato di arresti sommari.
La dichiarazione «condanna la violenza diffusa e le violazioni dei diritti umani contro i civili in Siria» e chiede alle autorità siriane di «rispettare i diritti umani e le leggi internazionali», ma una frase si riferisce anche alle violenze contro le istituzioni siriane, che secondo il governo di Damasco sono state prodotte in questi mesi da non meglio precisati «gruppi armati», infiltrati nelle manifestazioni di protesta.
Oltre al testo della risoluzione, edulcorato rispetto alle posizioni più dure espresse in Consiglio dalla Gran Bretagna, dalla Francia e dagli Usa, ci sono però le dichiarazioni del segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon. «Il mondo ha guardato con grande preoccupazione il deteriorarsi della situazione in Siria – ha detto Ki-Moon commentando l’esito della riunione del Consiglio di sicurezza – Ma le violenze di questi ultimi giorni sono oltremodo rivoltanti». Ki-Moon ha aggiunto un appello al governo di Damasco e in particolare al presidente Bashar Assad perché consenta l’ingresso di operatori umanitari nelle zone colpite dall’esercito, in particolare ad Hama, la città assediata ormai da quattro giorni da decine di tank e mezzi blindati (Leggi) e completamente isolata dopo che sono saltate le connessioni telefoniche e telematiche. Assad è stato invitato anche ad attuare le riforme democratiche chieste dai manifestanti.
Ma potrebbe non bastare più un semplice gesto di buona volontà. Il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney, ha ripetuto la tesi di Washington: «Non vogliamo che Assad rimanga in Siria in nome della stabilità, anzi, riteniamo che sia lui la causa dell’instabilità». Era questa la posizione che gli Usa hanno cercato di portare all’Onu, ma senza successo, a causa dell’opposizione convergente di Russia, Cina, Brasile, India e Sudafrica, tutti preoccupati per la possibilità di un nuovo intervento militare internazionale in Medio Oriente. Intervento, però che la stessa Nato ha escluso pochi giorni fa attraverso le parole del segretario generale Anders Fogh Rasmussen.
Per cercare di placare le proteste, Assad ha anche deciso di unire al bastone dei carri armati una carota politica. Il presidente siriano ha infatti firmato oggi il decreto che apre al multipartitismo e decreta la fine del sistema del partito unico Ba’ath, in vigore dal 1963. L’annuncio è stato dato dall’agenzia di stampa ufficiale Sana. «Il disegno di legge stabilisce gli obiettivi essenziali e i principi che disciplinano l’attività dei partiti, le condizioni per la loro creazione e le regole relative al loro finanziamento, i loro diritti e i loro doveri», riferisce la Sana. Il testo vieta che i partiti siano fondati sulle basi della «religione, della affiliazione tribale, regionale e di organizzazioni professionali, così come su principi discriminatori di razza, sesso o colore». Sono inoltre banditi i partiti non siriani. Il decreto presidenziale, secondo il dispaccio, mira «ad arricchire la vita politica, creare una nuova dinamica e consentire un cambiamento nel potere politico». Per quanto questa sia una delle richieste essenziali dei movimenti di opposizione, la prima reazione al decreto presidenziale, è stata negativa.
Il ministro degli esteri francese Alain Juppé ha definito il decreto «quasi una provocazione», aggiungendo che non è escluso che la Francia possa chiedere al Consiglio di sicurezza nuove e più decise prese di posizione se la situazione sul campo non dovesse cambiare. Da quelle poche notizie che filtrano da Hama e da altre città della Siria, sembra che questo cambiamento sia ancora molto lontano.
di Joseph Zarlingo – Lettera22
Mondo
Siria, condanna unanime dell’Onu
Ma è solo un compromesso
Ci sono volute tre riunioni del Consiglio di Sicurezza per arrivare a un testo finale di condanna delle violenze che da cinque mesi insanguinano il Paese. Si tratta di un testo edulcorato rispetto alle posizioni più intransigenti di Francia, Gb e Usa. Intanto il presidente Assad firma un decreto che apre al multipartitismo e decreta la fine del sistema del partito unico Ba’ath. Ma le limitazioni sono così tante che l'effetto è nullo
Il compromesso è stato raggiunto con la posizione russa. L’ambasciatore di Mosca all’Onu Vitaly Churkin ha ottenuto che non ci fosse una bozza di risoluzione, ma solo una dichiarazione, letta dal presidente di turno del Consiglio, l’indiano Hardeep Puri. Non è un testo vincolante, come sarebbe stata una risoluzione, ma – ha commentato il ministro degli esteri italiano Franco Frattini – «è un primo passo». L’Italia finora è l’unico paese dell’Ue che ha ritirato il proprio ambasciatore a Damasco come segno di protesta per la repressione (Leggi) che ha causato almeno 1700 morti e 8 mila feriti, oltre a un numero imprecisato di arresti sommari.
La dichiarazione «condanna la violenza diffusa e le violazioni dei diritti umani contro i civili in Siria» e chiede alle autorità siriane di «rispettare i diritti umani e le leggi internazionali», ma una frase si riferisce anche alle violenze contro le istituzioni siriane, che secondo il governo di Damasco sono state prodotte in questi mesi da non meglio precisati «gruppi armati», infiltrati nelle manifestazioni di protesta.
Oltre al testo della risoluzione, edulcorato rispetto alle posizioni più dure espresse in Consiglio dalla Gran Bretagna, dalla Francia e dagli Usa, ci sono però le dichiarazioni del segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon. «Il mondo ha guardato con grande preoccupazione il deteriorarsi della situazione in Siria – ha detto Ki-Moon commentando l’esito della riunione del Consiglio di sicurezza – Ma le violenze di questi ultimi giorni sono oltremodo rivoltanti». Ki-Moon ha aggiunto un appello al governo di Damasco e in particolare al presidente Bashar Assad perché consenta l’ingresso di operatori umanitari nelle zone colpite dall’esercito, in particolare ad Hama, la città assediata ormai da quattro giorni da decine di tank e mezzi blindati (Leggi) e completamente isolata dopo che sono saltate le connessioni telefoniche e telematiche. Assad è stato invitato anche ad attuare le riforme democratiche chieste dai manifestanti.
Ma potrebbe non bastare più un semplice gesto di buona volontà. Il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney, ha ripetuto la tesi di Washington: «Non vogliamo che Assad rimanga in Siria in nome della stabilità, anzi, riteniamo che sia lui la causa dell’instabilità». Era questa la posizione che gli Usa hanno cercato di portare all’Onu, ma senza successo, a causa dell’opposizione convergente di Russia, Cina, Brasile, India e Sudafrica, tutti preoccupati per la possibilità di un nuovo intervento militare internazionale in Medio Oriente. Intervento, però che la stessa Nato ha escluso pochi giorni fa attraverso le parole del segretario generale Anders Fogh Rasmussen.
Per cercare di placare le proteste, Assad ha anche deciso di unire al bastone dei carri armati una carota politica. Il presidente siriano ha infatti firmato oggi il decreto che apre al multipartitismo e decreta la fine del sistema del partito unico Ba’ath, in vigore dal 1963. L’annuncio è stato dato dall’agenzia di stampa ufficiale Sana. «Il disegno di legge stabilisce gli obiettivi essenziali e i principi che disciplinano l’attività dei partiti, le condizioni per la loro creazione e le regole relative al loro finanziamento, i loro diritti e i loro doveri», riferisce la Sana. Il testo vieta che i partiti siano fondati sulle basi della «religione, della affiliazione tribale, regionale e di organizzazioni professionali, così come su principi discriminatori di razza, sesso o colore». Sono inoltre banditi i partiti non siriani. Il decreto presidenziale, secondo il dispaccio, mira «ad arricchire la vita politica, creare una nuova dinamica e consentire un cambiamento nel potere politico». Per quanto questa sia una delle richieste essenziali dei movimenti di opposizione, la prima reazione al decreto presidenziale, è stata negativa.
Il ministro degli esteri francese Alain Juppé ha definito il decreto «quasi una provocazione», aggiungendo che non è escluso che la Francia possa chiedere al Consiglio di sicurezza nuove e più decise prese di posizione se la situazione sul campo non dovesse cambiare. Da quelle poche notizie che filtrano da Hama e da altre città della Siria, sembra che questo cambiamento sia ancora molto lontano.
di Joseph Zarlingo – Lettera22
Articolo Precedente
Olanda, a Vaals vietata la residenza
agli stranieri meno abbienti
Articolo Successivo
Fmi, Lagarde indagata per abuso d’ufficio
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Mondo
Israele rompe la tregua e attacca Hamas: “Oltre 400 morti, pure il premier di Gaza”. I parenti degli ostaggi contro Netanyahu: “Fermi l’uccisione dei nostri cari”
Politica
Riarmo Ue, al Senato parla Meloni. Risoluzione Pd: “Serve una radicale revisione di RearmEu”. Nel testo del centrodestra non c’è la parola
Mondo
Telefonata Trump-Putin tra le 14 e le 16. Kiev: “Mosca ora accetti la tregua senza condizioni”
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Su dazi, Ucraina, Medio Oriente la linea è la stessa e resta condivisa. Mentre sul ReArm, il Pd ha dovuto trovare una sintesi, raggiunta in una lunghissima mediazione iniziata ieri nel primo pomeriggio e andata avanti fino a questa mattina. Da una parte la linea dura della segretaria Elly Schlein e della maggioranza dem. Dall'altra quella più 'aperturista' sul piano Von der Leyen della minoranza. Il punto 8 della risoluzione è quello in cui si è trovato l'equilibrio tra le anime dem. Una mediazione che fa dire ad Alessandro Alfieri, coordinatore della minoranza, di essere "soddisfatto" mentre arriva a Montecitorio per la riunione congiunta dei gruppi.
Da una parte, infatti, c'è la richiesta di una "radicale revisione" del ReArm, fronte dal quale Schlein non si è mossa. "Il piano ReArmEu, proposto dalla Presidente della Commissione europea Von der Leyen, va nella direzione di favorire soprattutto il riarmo dei 27 Stati membri e va radicalmente cambiato, poiché così come presentato non risponde all’esigenza indifferibile di costruire una vera difesa comune", si legge nelle premesse.
Dall'altra, c'è un giudizio positivo sul Libro bianco della difesa europea, il testo sul cui voto i dem si sono divisi in Europa tra le astensioni della maggioranza e il sì dell'area riformista. Nelle premesse si argomenta: "All’Unione europea serve la difesa comune e non la corsa al riarmo dei singoli Stati. La Commissione europea sta preparando il Libro bianco sul futuro della difesa europea che rappresenta l’avvio di un percorso di discussione per la costruzione di una difesa comune".
Quindi il punto 8 della risoluzione in cui il Pd chiede al governo di "promuovere, nel corso del negoziato che si aprirà dopo la presentazione del Libro bianco sulla difesa europea e i suoi strumenti, tutti gli elementi che puntano a una governance democratica chiara del settore, agli investimenti comuni necessari per realizzare l’autonomia strategica e colmare i deficit alla sicurezza europea, al coordinamento e all’integrazione della capacità industriali europee e dei comandi militari, all’interoperabilità dei sistemi di difesa verso un esercito comune europeo".
Ed insieme di "promuovere, pertanto, una radicale revisione del piano di riarmo proposto dalla Presidente Von der Leyen, sulla base delle critiche e delle proposte avanzate in premessa, al fine di assicurare investimenti comuni effettivi non a detrimento delle priorità sociali di sviluppo e coesione, e di condizionare tutte le spese e gli strumenti europei alla pianificazione, lo sviluppo, l’acquisizione e la gestione di capacità comuni per realizzare un’unione della difesa".
Londra, 18 mar. (Adnkronos) - Re Carlo e la regina Camilla festeggiano quest'anno 20 anni di matrimonio - il 9 aprile, mentre saranno in Italia - ma, nonostante questo, sembra che trascorrano "molto tempo separati". Anzi, forse il segreto della loro felicità come coppia è dovuto proprio al fatto che ciascuno dei due sta per conto proprio nei fine settimana. Camilla si ritira nella sua amata e "disordinata" casa di campagna nel Wiltshire senza Charles ogni weekend, secondo Ingrid Seward, caporedattrice della rivista Majesty, che ha dichiarato che "in realtà i sovrani trascorrono parecchio tempo separati. La casa di Ray Mill è, se vogliamo, per Camilla una sorta di liberazione dalla vita reale. Prima di sposare Charles, fece un patto con lui: avrebbe tenuto quella casa come rifugio".
"Va ogni fine settimana, quando può, e ci va anche d'estate per trascorrere un po' di tempo con i suoi nipoti e i suoi figli, ed è qualcosa che la allontana dall'intero mondo reale e dove va soprattutto per rilassarsi - racconta l'esperta reale - Molto spesso non va a Highgrove a meno che lei e Charles non abbiano altri impegni. Si tratta di allontanarsi dalle restrizioni dovute alla sicurezza ed essere circondati da personale e persone che fanno cose per te, il che, ovviamente, sarebbe meraviglioso per tutti noi. Penso che nel suo caso abbia bisogno di un posto dove potersi effettivamente rilassare ed essere semplicemente se stessa, e andare in giro con jeans sporchi, se vuole, senza essere costantemente controllata".
Una fonte ha dichiarato all'Express che Camilla "al Ray Mill può sedersi con un grande G&T, togliersi le scarpe e guardare Coronation Street, che Charles detesta". Il re, invece, quando è libero nei weekend, si reca spesso a Highgrove o a Sandringham, mentre durante la settimana i due risiedono insieme a Clarence House. Della residenza di campagna di Camilla nel Wiltshire si è parlato la scorsa settimana, quando si è saputo che il re ha acquistato una casa confinante, che sarebbe stata adibita a sede per matrimoni, pagandola 3 milioni di sterline per proteggere la privacy della moglie.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il governo si impegni "a sostenere il riconoscimento dello Stato di Palestina, nel rispetto del diritto alla sicurezza dello Stato di Israele, per preservare la realizzazione dell’obiettivo di 'due popoli, due Stati'". E' quanto si legge nella risoluzione Pd sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Inoltre, si chiede di "sostenere il piano arabo per la ricostruzione della Striscia di Gaza ed ogni iniziativa diplomatica volta ad assicurare il rispetto della tregua e un reale rilancio del processo di pace: per la liberazione degli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas, per la protezione dei civili e per la fine delle violenze nei territori palestinesi occupati, per il rispetto della tregua in Libano e per scongiurare il rischio di futuri attacchi da parte di Hezbollah e Iran, nonché le violazioni del diritto internazionale da parte di Israele e, infine, affinché siano rispettate le risoluzioni delle Nazioni Unite".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il Pd chiede al governo di "ribadire la ferma contrarietà all'utilizzo dei Fondi di coesione europei per il finanziamento e l'aumento delle spese militari". E' quanto si legge nella risoluzione dem sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il Pd chiede al governo di "scegliere senza esitazioni e ambiguità, di fronte alle minacce globali e alle sfide inedite rappresentate dalla nuova amministrazione americane, l’interesse europeo, all’interno del quale si promuove e realizza il nostro interesse nazionale, anche una attraverso la costruzione di alleanze, a partire dai paesi fondatori dell’Europa, per collocare l’Italia sulla frontiera più avanzata dell’integrazione contro le spinte disgregatrici e i ripiegamenti nazionalisti". E' quanto si legge nella risoluzione dem sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Ribadire la ferma condanna della grave, inammissibile e ingiustificata aggressione russa dell'Ucraina e a continuare a garantire pieno sostegno e solidarietà al popolo e alle istituzioni ucraine, mediante tutte le forme di assistenza necessarie, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, promuovendo con urgenza un’iniziativa diplomatica e politica autonoma dell'Unione europea, in collaborazione con gli alleati, per il perseguimento di una pace giusta e sicura, che preservi i diritti del popolo ucraino a partire da quello alla propria autoderminazione, l’ordine internazionale basato sulle regole e offra le necessarie garanzie di sicurezza per una soluzione duratura". E' quanto si legge nella risoluzione Pd sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Il piano ReArmEU, proposto dalla Presidente della Commissione europea Von der Leyen, va nella direzione di favorire soprattutto il riarmo dei 27 Stati membri e va radicalmente cambiato, poiché così come presentato non risponde all’esigenza indifferibile di costruire una vera difesa comune che garantisca la deterrenza e un percorso di investimenti comuni in sicurezza realizzati non a detrimento delle priorità sociali, di coesione e sviluppo dell’Unione". Si legge nella risoluzione Pd sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
"La difesa non può essere considerato un bene pubblico separato dal benessere sociale, ma è parte integrante di una strategia globale che prevede di garantire non solo la sicurezza fisica dei cittadini europei, ma anche la loro sicurezza sociale ed economica: tanto più l’affermazione dei nazionalismi disgregatori dell’unità europea è legata anche alla percezione di insicurezza economica e sociale, nonché alla paura nei confronti delle sfide globali".