Il papà di Renzo Bossi ha recentemente affermato:
“Meno male che non è passata l’aggravante dell’omofobia. Tutti sperano di avere figli che stanno dalla parte giusta, questo è un augurio che facciamo a tutti, non era giusto aumentare le pene per quelli che si sentono anche un po’ disturbati da certe manifestazioni, persone normali che a volte si lasciano scappare qualche parola in senso anche bonario”.
Ma da Umberto Bossi ci dobbiamo aspettare di tutto. Come direbbe Caparezza “mi contraddico facilmente ma lo faccio così spesso che questo fa di me una persona coerente”. Un tempo chiamava Berlusconi “mafioso di Arcore”, ora scondinzola non lontano da Dell’Utri. Permetteva che si sventolassero cappi in Parlamento e appoggiava il pool di Mani Pulite, finché non lo condannarono per violazione della legge sul finanziamento pubblico ai partiti. Vuole il crocifisso nelle scuole, ma dimentica gli insegnamenti basilari di quel clandestino nazareno. Odia i terroni, specie gli insegnanti, a tal punto da sposarne una.
Ma pochi si aspetterebbero dal leader del celodurismo una storia di laicità e di diritti anche ai gay. Erano ancora gli anni Novanta quando non era Ferrara, libero servo annaspante nel cercare di difendere il capo, ma la Lega a distribuire volantini con lo slogan “lo Stato non deve entrare nelle camere da letto dei propri cittadini”. E non era Grillini o Luxuria, ma Franco Fante, senatore leghista dal 1994 al 1996, ad affermare che, nella Padania secessionista, il matrimonio gay sarebbe stato possibile, per garantire la vera libertà dell’individuo.
Era l’esperienza di Los Padania, dove Los non dà un tono esotico, ma sta per Libero Orientamento Sessuale. Un’esperienza di cui adesso, nella Lega, non si vuole più parlare. Chissà perché.
P.S. per approfondire il tema: Signore Adalberto e Trocino Alessandro, Razza Padana, Bur, 2008 (p. 104)