La canna libera? Farebbe bene al fisco. E’ quello che sostiene Pierre Kopp, stimato professore di Economia alla Sorbona di Parigi, finito nei giorni scorsi sulla prima pagina dell’autorevole (e serioso) Le Monde per le sue opinioni al riguardo. Sì, perché il professore sostiene che la legalizzazione delle droghe leggere «permetterebbe di incassare a livello di tasse circa un miliardo di euro. E poi si rispamierebbero i 300 milioni ora spesi per le incriminazioni effettuate nei confronti di chi si trova in possesso di cannabis. Questa cifra, in realtà, è ancora più alta se si calcolano i costi delle custodie cautelari. E quelli necessari per il funzionamento dei tribunali e per l’esecuzione delle pene», ha spiegato il docente.
Eppure la Francia è da sempre uno dei Paesi più duri nel punire i consumatori delle droghe leggere. Negli ultimi tempi, però, soffia un vento sempre meno proibizionista. In giugno Daniel Vaillant, ex ministro degli Interni e oggi deputato socialista, aveva presentato un rapporto, redatto con alcuni colleghi di partito, sui benefici nel caso si liberalizzasse il settore, ovviamente sotto l’egida delle autorità pubbliche (Leggi). Anche forze della destra si erano dette aperte al dialogo su questo dossier.
Lo stesso Kopp chiede «una legalizzazione controllata, con lo Stato che supervisioni produzione e distribuzione. Permetterebbe di giocare sulle tariffe e di lottare meglio contro gli abusi di queste droghe». Secondo l’economista non è vero, come ritengono in tanti, che la legalizzazione della cannabis porterebbe per forza a una crescita dei consumi. «Questo non si dovrebbe verificare se la tassa imposta dallo Stato pemettesse di mantenere almeno il prezzo attuale, in Francia in media di 5,5 euro al grammo. E’ proprio il prezzo la variabile essenziale. Se fosse troppo elevato, andrebbe a favorire i traffici illeciti. Se fosse troppo basso, il consumo potrebbe in effetti svilupparsi. Forse, una volta legalizzato il settore, la tariffa dovrebbe essere un poco più alta rispetto a oggi per compensare la scomparsa del rischio che comporta l’acquisto, vedi la possibiltà di essere beccati dalla polizia o di essere rubati dal pusher». «Un altro punto chiave è l’educazione – continua Kopp -. Bisogna fare prevenzione, allertando sugli effetti dei consumi eccessivi e sui rischi di guidare sotto l’influsso della cannabis».
In questo momento però è sul fronte della repressione che la Francia si distingue. Sulla base di una legge del 1970, il consumo di cannabis è punito con una pena che va fino a un anno di carcere o con una multa fino a 3.750 euro. Il problema principale è che non si prevede alcuno «sconto» per una semplice dose giornaliera. Ogni anno almeno 80mila persone vengono fermate dalle forze dell’ordine, sospettate di consumo di droghe leggere. E numerose sono le custodie cautelari decise in merito. Ma tutti questi anni di repressione a quali risultati hanno portato? Secondo i dati più recenti dell’Ofdt, l’Osservatorio delle droghe e delle tossicomanie del Paese transalpino, 1,2 milioni di francesi sono consumatori regolari (dieci volte al mese) e 550mila quotidiani: cifre stabili negli ultimi anni, ma elevatissime rispetto agli altri Paesi europei.
«La politica di lotta contro la cannabis – sottolinea Kopp – economicamente ha poco senso: costa caro e dà benefici incerti. Dopo il 1995, in materia di eroina, la Francia ha autorizzato i prodotti di sostituzione e ha permesso così il crollo del numero delle overdose. Per le droghe leggere, invece, si è scelta un’altra strada. Peccato». Secondo Kopp gli oltre 300 milioni risparmiati sul fronte della repressione con la legalizzazione della cannabis e il miliardo di euro intascato mediante le imposte potrebbero essere destinati alle iniziative educative per evitare consumi eccessivi «e soprattutto per la prevenzione e la lotta contro il traffico della altre droghe».