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Crisi, misure di austerity in tutta Europa <br/> Ma gli stipendi dei politici non si toccano

Dall'Italia alla Francia, dalla Germania alla Gran Bretagna, i membri delle istituzioni dei Paesi dell'Ue mantengono i loro privilegi. Mentre i cittadini che rappresentano sono costretti a manovre lacrime e sangue

In tempi di crisi economica in tutta Europa fioccano le misure di austerità. A fare i conti con i problemi di cassa non solo Grecia, Irlanda e Portogallo, ma anche i grandi Paesi Ue, in primis l’Italia, costretta il 15 luglio ad una correzione del deficit per 70 miliardi di euro. Si taglia di tutto: pensioni, stipendi e assistenza sociale. Una sola cosa rimane stabile in tutta Europa: gli stipendi dei politici.

A fare più paura sono i bilanci dei Paesi più periferici, come Grecia, Portogallo e Irlanda, la cui instabilità economica ha fatto traballare l’intera zona Euro e fatto temere il peggio per le sorti della stessa moneta unica. Da Bruxelles e dal Fondo monetario internazionale sono partiti milioni di euro di aiuti per evitare il default, l’ultimo di 340 miliardi alla Grecia, salvata per la seconda volta dal baratro del fallimento. Ma tutto questo non basta a risanare le casse vuote degli Stati, costretti a manovre finanziarie davvero lacrime e sangue.

Prima di tutto la Grecia, costretta a varare un pacchetto di misure comprendenti tagli al servizio pubblico per circa 12 miliardi di euro, decisione che ha scatenato violente manifestazioni popolari e scioperi. La disoccupazione è salita al 15,8% e l’età media per andare in pensione è passata da 61,4 a 63,5 anni, con il governo di Atene che ha dato l’ok alle privatizzazione chieste da Bruxelles in seguito alle pressioni di Berlino. L’obiettivo è trovare altri 50 miliardi di euro entro il 2015. Poi il Portogallo, che ha ricevuto un aiuto dall’Ue-Fmi di 78 miliardi di euro in maggio, con una riduzione del 5% degli stipendi più alti del pubblico impiego, un aumento dell’Iva dell’1%, un aumento delle imposte per chi guadagna più di 150mila euro l’anno e profondi tagli alle spese militari. L’Irlanda di Enda Kenny, aiutata lo scorso dicembre con un prestito di 85 miliardi di euro, sta cercando di tagliare 6 miliardi di euro di spese entro la fine del 2011, con una riduzione degli stipendi statali di almeno il 5% e altrettanti tagli al welfare. In Spagna la disoccupazione galoppa oltre il 21% con ondate di giovani indignados che manifestano da mesi nelle principali piazze del Paese. Il Governo Zapatero (che non si ripresenterà alle prossime elezioni) ha approvato un piano di austerity che include più tasse per i più ricchi e tagli dell’8% alla spesa pubblica. Gli stipendi pubblici verranno ridotti del 5% e ogni aumento sarà impossibile fino alla fine dell’anno. L’età pensionabile è stata alzata a 67 anni. Inoltre Madrid sta pensando di vendere il 30% della lotteria nazionale e qualche azione dell’Autorità spagnola aeroporti. Stessi problemi anche all’est. In Romania il governo ha proposto tagli agli stipendi pubblici di addirittura il 25% e alle pensioni del 15%. Il ministro degli Interni Vasile Blaga si è dimesso lo scorso maggio in seguito a un enorme sciopero delle forze dell’ordine. Ma anche i grandi d’Europa non scoppiano di salute. Perfino la grande Germania si è vista costretta a pianificare una riduzione del deficit di 80 miliardi di euro entro il 2014 a suon di riduzioni dei sussidi parentali, 10mila tagli nel pubblico impiego e più tasse sulle compagni di energia nucleare.

Ma a fronte di questa situazione, gli stipendi dei politici non vengono toccati e rimangono più o meno stabili in tutta Europa. Al massimo i membri delle istituzioni rinunciano a qualche aumento. È successo recentemente in Italia, con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che ha annunciato il congelamento del proprio stipendio per i prossimi due anni e la restituzione al ministero del Tesoro di 15 milioni di Euro non spesi dal Quirinale. Così come nel Regno Unito lo scorso marzo, quando i rappresentanti della Camera dei Lords e dei Commons hanno accettato il congelamento dell’aumento dell’1% della propria retribuzione (calcolata in base all’inflazione e al costo della vita). Insomma, se in qualche caso gli stipendi dei politici non aumentano, di certo non diminuiscono.

Ecco allora che i rappresentanti del popolo di tutta Europa mantengono saldi privilegi e indennità. Come biglietti gratis in primissima classica in treno e bassissimi interessi per il mutuo in Francia, un buono da 24mila sterline (27.500 euro) per l’acquisto di una seconda casa vicino Westminster nel Regno Unito, viaggi gratis in treno in tutto il Paese in Germania e l’affitto gratis per la seconda casa in Svezia. Invariati gli stipendi, che senza considerare indennità, spese di segreteria sconti e agevolazioni varie ammontano a circa 5.100 euro in Francia, 5.000 euro in Svezia, 5.600 nel Regno Unito e 7.300 euro in Germania. Intanto a Bruxelles si continua a guardare con apprensione ai bilanci degli Stati Ue più fragili e il destino dell’euro è tutt’altro che scontato.