Un mese d'attesa per capire quali fossero le proposte della regione Emilia-Romagna per sostituire l'oneroso ticket da 10 euro imposto da Roma. Prima una tassa sul tabacco proposta al governo come sostituzione ai tagli alla sanità, ovviamente cassata; infine il ticket proporzionato sui redditi ancora da sperimentare nella pratica. Cronistoria di un mese pieno di retorica politica e di scarsa sostanza tecnico-amministrativa
Ai più la dichiarazione del governatore romagnolo era suonata come un “non lo applicheremo costi quel che costi”. Invece eccoci al dietrofront dopo nemmeno un mese. Inversione ad “u”, o quasi, condita con un secondo, quanto meno inopportuno, proclama politico. Sì, perché l’affaire dei ticket sanitari proposti, anzi imposti, dal governo centrale alle regioni, in Emilia Romagna è diventata l’ennesima possibile prova di spostare la questione tecnico-amministrativa-finanziaria sul versante meramente politico.
Il 15 luglio Errani si indigna. E come non dargli torto? Dieci euro di ticket in Emilia Romagna, dice lui, non si pagheranno. E prima ancora di sondare, capire, proporre (ma forse già tutto era pronto) queste benedette ed insondabili alternative, il governatore tuona contro l’ “iniquità della manovra”, ricordando che, con un ticket così alto, sarebbe sorto “il rischio che per un esame del sangue i cittadini ricorreranno ai privati”.
Ma rimaniamo alla cronistoria di questa semiseria vicenda tutta politica, regolamento di conti tra una regione governata dal Pd e un disastroso governo centrale intestato a Berlusconi. Errani e l’assessore regionale alla sanità Lusenti si mettono di buona lena e vagliano le possibili, e celeberrime, “alternative”. Creano perfino un fronte antiticket con i governatori, amici cari, di Toscana e Umbria.
Poi, visto che il governo ha come obbligato le regioni a questo balzello per sostituire gli euro, parecchie decine di milioni (in Emilia Romagna tra i 60 e i 70) che Tremonti ha tagliato di netto al settore sanità, ecco che le alternative, anzi l’alternativa, l’unica misera, spelacchiata, insignificante decisione, è quella di faxare Roma e dire: “invece del ticket a 10 euro perché non inventate una tassa sul tabacco per finanziare i tagli alla sanità?”.
All’apparenza oltre al buon senso salutista, la proposta ha qualcosa di ancor più politicamente brillante. Fregare il governo nemico che ovviamente non ci pensa nemmeno e fa segno che questi governatori oltre a non capire, infastidiscono pure.
Ed è qui che si compie il vero capolavoro di comunicazione politica del Pd emiliano romagnolo e della giunta Errani tutta: da noi i ticket verranno modulati in base al reddito. “Noi ci assumiamo allora la nostra responsabilità, varando una manovra che ha un segno diverso e tutela chi è più debole: perché per noi, chi deve pagare di più è chi ha di più e non chi è più malato. Ci sono momenti nei quali a chi governa è richiesto coraggio. Questo è uno di quei momenti”.
Dichiarazione dalla pesante retorica tutta tesa a coprire il bluff iniziale, proprio come al più classico dei tavoli da poker. Errani e Lusenti sapevano fin da subito che le alternative, o l’alternativa, già del primo secondo dopo la decisione di Tremonti, non esistevano. Così attorno a questa possibilità di mostrare chissà quale intervento progressista, o più semplicemente antiberlusconiano, hanno giocato ad essere quelli più radicali che si oppongono al perfido governo di destra. Con il risultato di aver poi optato per quattro scaglioni secchi e netti per la proporzionalità delle future spese di fronte ai farmacisti e all’Ausl, che ricordano più gli iniqui scaglioni neoliberisti alla Thatcher o alla Reagan che una qualsiasi manovra keynesiana.
Così una famiglia piuttosto abbiente, con oltre 100mila euro di reddito l’anno, che dovrà spendere 70 euro per una Tac, magari dovendo posticipare l’appuntamento ad una settimana, andrà lo stesso da un privato. E ancora: chi per una qualsiasi visita specialistica si ritroverà al pelo poco sopra i 36mila euro (secondo scaglione dai 36000 ai 72000 euro) di reddito lordo familiare si troverà a pagare 23 euro come quelli del terzo e del quarto scaglione (72000-100000 ; oltre 100000).
E via così, demandando tutta la ribellione antiberlusconiana ad un sistema di suddivisione in scaglioni non ancora pronto per l’uso, dal momento che non c’è un censimento già pronto sulle quattro fasce di reddito delineate, per cui è lecito pure chiedersi come avranno fatto a fare i conti in Regione fin da ora su quanti euro si recupereranno.
Finale di partita (di poker) con i farmacisti sul piede di guerra e il governatore già in vacanza sul volo per New York.
(Ilaria Giupponi e Davide Turrini)