Una volta, a restare a Roma il giorno di Ferragosto era solo il ministro dell’Interno. Che, di prammatica, faceva il giro delle caserme per mostrare al resto del Paese che tutto era sotto controllo e che la cittadinanza poteva tranquillamente godersi le vacanze; il governo c’era. L’altra sera, a villa Certosa, a Silvio Berlusconi è balenata l’idea di far vedere che davvero il governo c’è e lotta per portare l’Italia fuori dalla crisi. Ma soprattutto che c’è lui, vigile sul campo, immagine di un leader capace di qualsiasi sacrificio per il bene di tutti; avanti con una riunione straordinaria del Consiglio dei ministri a Ferragosto, ha pensato.
Anche qui, la memoria corre alla stanza del Mappamondo di palazzo Venezia a Roma, per di più a cinquanta metri dall’attuale residenza di Berlusconi (Palazzo Grazioli), dove il Duce faceva sempre tenere la luce accesa così il popolo avrebbe creduto che lui era sempre al lavoro. Invece, casomai stava con la Petacci, solo due piani più sotto. La storia, come dice il vecchio adagio, si ripete sempre due volte, la prima in tragedia, la seconda in farsa. Stavolta, però, si supererebbe il livello del grottesco se, come si dice, il Cavaliere convocasse davvero il Consiglio dei Ministri per il giorno di Ferragosto solo per far vedere che il governo lavora e lui, soprattutto, pensa solo al Paese.
Le cronache di questi giorni, infatti, hanno chiarito al di là di ogni incertezza, che per varare quelle cosiddette misure straordinarie in più che ci avrebbe chiesto direttamente la Bce (via Draghi e Trichet) ci vuole qualcosa di più robusto rispetto ad un semplice decreto scritto sull’onda dell’emozione delle montagne russe della Borsa di Milano. La Ragioneria dello Stato, ma anche i tecnici di via XX Settembre, hanno spiegato con dovizia di particolari che eventuali nuove misure sarebbero da armonizzare con quelle già previste dalla manovra approvata in fretta e furia a luglio. E che, insomma, non si può certo prevedere con uno schiocco di dita l’idea di mettere all’incanto quel che resta del patrimonio dello Stato, sia sotto il profilo immobiliare che sotto forma di azioni delle grandi aziende italiane interamente a partecipazione statale; sono cose che vanno studiate, ci vuole tempo, anche lavorando d’agosto sono necessarie almeno due settimane per fare bene i conti.
Allora, a che servirebbe un Consiglio dei Ministri a Ferragosto se non c’è nulla da approvare in fretta se non a mostrare, per pura propaganda, un governo che presidia il ciglio del baratro per evitare che tutto il Paese ci caschi dentro? In verità, se proprio volesse fare bella figura, il Cavaliere un’arma ce l’avrebbe, tale anche da giustificare una riunione sotto il solleone agostano: la patrimoniale. Ovvero; l’aumento delle tasse sulle rendite finanziarie, ad esclusione dei Bot. Anche di questo si è parlato a villa Certosa. Si tratterebbe di far passare l’attuale percentuale del 12,5% al 20%. Ne uscirebbero circa due miliardi di euro l’anno, un lavoro facile facile, pulito, da portare a termine con un colpo solo, attraverso un decreto.
Perchè non farlo? Perchè Berlusconi, ovviamente, non vuole. Far scattare la patrimoniale significherebbe erodere, in modo quasi definitivo, lo zoccolo duro dell’elettorato pidiellino, ma anche legista. E se, insomma, Silvio non ne vuol sentir parlare, neppure Bossi e Maroni appaiono entusiasti, loro che hanno fatto pressioni fantastiche su Tremonti per convincerlo a far diminuire la pressione di Equitalia sugli agricoltori e gli allevatori padani, spesso impossibilitati (come molti cittadini normali) a pagare le tasse per mancanza di liquidità. Però, in questo caso, si tratterebbe di togliere ai ricchi, a quelli veri, a quelli che hanno oltre 100 mila euro investiti in titoli, e in Italia ce ne sono, solo che il Cavaliere (che, in fondo, è uno di loro) si guarda bene dall’inimicarsi quel che resta del suo elettorato.
Quindi, avanti solo con la propaganda, con l’idea di un Consiglio dei Ministri a Ferragosto senza aver nulla da decidere o da varare, solo per far vedere che il governo – ma soprattutto Lui – c’è. Almeno il Duce aveva più classe, lasciava solo discretamente la luce accesa…