Il 30% dei comuni italiani costieri non è servito da un adeguato sistema di depurazione delle acque reflue. Sulla costa adriatica emiliano-romagnola particolarmente critici anche i punti della foce del Po a Goro e della foce del Marano nel Comune di Riccione
Ebbene, proprio l’Emilia Romagna e Rimini in particolare, però, confermano un deficit depurativo consistente da colmare: secondo gli ultimi campionamenti, in regione ben otto foci di fiumi e torrenti risultano “inquinati” o “fortemente inquinati”, mentre sono circa un milione (dati Utilitas) i cittadini non coperti da un adeguato servizio di depurazione. Questo l’esito delle ultime analisi di Legambiente (in collaborazione di Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati, Corepla, Consorzio Ecogas e Novamont) per bocca dei biologi di Goletta Verde, il laboratorio mobile che in Italia passa al setaccio, regione per regione, la presenza di batteri fecali presso scarichi, canali, foci di fiumi e torrenti che confluiscono direttamente a mare comportando seri rischi sanitari potenziali.
I campioni per le analisi microbiologiche sono stati prelevati in barattoli sterili e conservati in frigorifero fino al momento dell’analisi, che avviene nei laboratori mobili lo stesso giorno di campionamento o comunque entro le 24 ore dal prelievo. I parametri indagati sono microbiologici (enterococchi intestinali, escherichia coli) e chimico-fisici (temperatura dell’acqua, pH, ossigeno disciolto, conducibilità/salinità). “Riteniamo che monitorare questi luoghi, anche se interdetti alla balneazione, sia un’azione necessaria per capire il livello qualitativo della gestione delle acque reflue degli insediamenti urbani e l’impatto ambientale determinato sulla costa dalle attività dell’entroterra”, ribadisce l’associazione ambientalista nel corso di una conferenza stampa convocata ad hoc a Porto Garibaldi con presenti, tra gli altri, Massimo Serafini, portavoce di Goletta Verde e Lorenzo Frattini, presidente di Legambiente Emilia Romagna.
Tra le località più colpite dal fenomeno scarichi c’è appunto il riminese, con ben tre località inserite nella ‘black list’ di Legambiente. Nell’ordine, “destano particolare preoccupazione”, dicono i biologi, le analisi realizzate a Rimini in località Santa Giustina, vicino allo scarico all’altezza di via Tonale che confluisce nel fiume Marecchia. Proprio nell’area del depuratore di Hera, prossimo al raddoppio, gli esperti hanno evidenziato “la presenza di acque fortemente inquinate”. Problemi analoghi in provincia: il campionamento portato avanti nel territorio comunale di Misano Adriatico, nelle aree segnate dal fiume Conca, è risultato a sua volta “fortemente inquinato”. Da “allarme rosso”, segnala Legambiente, la foce del Marano, nel Comune di Riccione, da dove fra l’altro si diffonde un “deprecabile odore di urina”. I test in questo caso restituiscono un quadro-choc. I risultati degli esami dei biologi di Goletta Verde hanno riportato livelli batteriologici così alti “da essere difficilmente quantificabili, ma che superano sicuramente il milione di unità formanti colonie”, riportano “preoccupati” gli ambientalisti.
Rimini a parte, la maglia nera se la guadagnano anche altre località della Romagna, sia nella provincia ravennate sia in quella di Forlì-Cesena. Per quanto riguarda il primo caso, è lo sbocco del canale Tagliata, in località Zadina Pineta, a risultare “inquinato” nonostante lo stesso ricada in prossimità di un’area verde indicata come “riserva naturale”. Va peggio allo sbocco del canale Cupa Nuovo, in località Lido di Savio, che con livelli batteriologici molto elevati è stato classificato come “fortemente inquinato”.
Nella provincia di Forlì-Cesena, poi, il prelievo compiuto alla foce del Rubicone, nel Comune di Gatteo a Mare, ha riportato la presenza di acque “inquinate”. Chiude in bellezza il ferrarese con due fattispecie “inquinate”: la prima si trova nel comune di Comacchio, in località Porto Garibaldi, dove sono stati effettuati campionamenti alla Foce del canale navigabile Comacchio, la seconda ricade nel Comune di Goro, dove i test sono stati realizzati alla bocca del Po di Goro, in corrispondenza del Porto di Gorino. Che fare? “La situazione che riportiamo in merito ai punti critici dell’Emilia Romagna ed al milione di abitanti sprovvisti della copertura depurativa- dice Massimo Serafini – mette in risalto una condizione che accomuna tutte le regioni costiere: il 30% degli italiani non è servito da un adeguato sistema di depurazione delle acque reflue”.
Vale a dire che 18 milioni di cittadini scaricano direttamente nei fiumi e nei mari senza che sia effettuata un’adeguata depurazione degli scarichi, compromettendo le condizioni di salute dei nostri mari. “Una situazione molto grave e purtroppo ancora irrisolta per la quale l’Italia corre il serio rischio di incorrere in una procedura d’infrazione da parte dell’Unione Europea”, prosegue Serafini citando il mancato adeguamento alla Direttiva Europea 1991/271/Ce, che dal 1998 richiede come le acque reflue prodotte dagli agglomerati urbani con più di 10.000 abitanti che scaricano nelle aree sensibili vengano adeguatamente raccolte e trattate.
Tutto ciò non riguarda unicamente le località costiere ma anche i comuni dell’entroterra, “che sono ugualmente interessati dall’inadeguatezza del trattamento dei reflui e da attività produttive che si rifanno a modelli intensivi e per niente sostenibili: è necessario che le istituzioni e gli enti preposti si impegnino immediatamente e individuino come una priorità l’adeguamento delle condotte fognarie e del servizio di depurazione”, richiama il portavoce di Goletta Verde.
Secondo Lorenzo Frattini, presidente di Legambiente Emilia Romagna, bisogna spostare l’attenzione “sulle attività industriali, sulle pratiche agricole e sui sistemi depurativi, che molto spesso vanno in tilt a seguito delle piogge abbondanti che i cambiamenti climatici hanno reso più frequenti: grande attenzione va posta soprattutto al fiume Po, nel quale si riversano eccessivi carichi di nutrienti e gli scarichi di ben quattro regioni e che, giungendo fino alle coste adriatiche, rischia ogni anno di provocare problematiche di natura ambientale”. In questo capitolo, ad esempio, vanno inseriti i fenomeni di proliferazione di microalghe che in questi hanno colorato di marrone le coste al largo di Cattolica suscitando lo stupore di addetti ai lavori e semplici cittadini.