E così ci ritroviamo a combattere la crisi nella settimana di Ferragosto. La politica ha deciso che non si va in ferie (vedere il Parlamento al lavoro e gli italiani in ferie è una sensazione abbastanza strana) e che bisogna fare tutto il possibile per salvare il salvabile, superare la tempesta, ricominciare a navigare, seppur a vista, e sperare in qualche miracolo o in qualche riforma lungimirante.
Una crisi del genere, globale, sistemica, profonda, contagiosa, non può di certo derivare da poche ore di grande difficoltà. L’estate ha covato progressivamente questo virus che ora ha colpito il capitalismo. Ma noi dove eravamo mentre accadeva tutto ciò? Eravamo alle prese coi troll.
Il Troll, nel gergo di Internet, e in particolare delle comunità virtuali, è un soggetto che interagisce con gli altri utenti tramite messaggi provocatori, irritanti, fuori tema o semplicemente senza senso, con l’obiettivo di disturbare la comunicazione e fomentare gli animi. Dal sostantivo troll si derivano comunemente, sia in lingua inglese sia tramite storpiature della lingua italiana, il verbo to troll, trolling (tradotto in trollare), ovvero l’agire come un troll (fomentare gli animi provocatoriamente), e la locuzione farsi trollare, ovvero il cadere nella trappola di un troll, rispondendo alle sue provocazioni.
I troll di questi mesi sono stati:
a. La Lega e i ministeri al Nord. È evidente che non cambieranno le sorti di questo Paese e che diventeranno una questione assai marginale nel dibattito politico italiano. Eppure abbiamo dedicato numerose prime pagine, dibattiti, discussioni, botta e risposta a questa non-notizia;
b. Borghezio. È riuscito a salire agli onori della cronaca per qualsiasi cosa, da Breivik alle battute su Alemanno, dall’aggressione subita in Svizzera mentre tentava il blitz presso il Club Bilderberg fino alle consuete e generiche esternazioni contro i diversi di ogni sorta; non sposta nulla negli equilibri geopolitici del nostro Paese e neanche la Lega ha preso provvedimenti concreti per punirlo, se non una patetica sospensione provvisoria per tre mesi;
c. Feltri, Belpietro, Sallusti, Ferrara. I loro editoriali hanno sempre distratto l’opinione pubblica da ciò che era davvero importante. Le loro provocazioni, inaccettabili per molti italiani (specie di sinistra) sono state condivise, commentate, riportate e stroncate da tantissimi;
d. Stracquadanio, Brunetta e tutti i componenti della maggioranza che hanno dedicato il loro tempo e le loro energie in analisi antropologiche sulla sinistra fannullona, sulla battaglia politica fomentata dai dipendenti pubblici dopo le 14, sui cretini, i coglioni e gli intelligenti;
e. Scilipoti. Di lui sappiamo quasi tutto, della crisi finanziaria mondiale quasi nulla. Colpa nostra, più che sua.
I trollati, invece, sono stati:
a. I giornalisti che hanno dato spazio alle opinioni dei troll. Probabilmente indotti dall’irricevibilità di alcune tesi, dalla grande eco mediatica seguita alle dichiarazioni, dal dibattito e dalla polarizzazione delle opinioni generate dal dibattito, tutti abbiamo deciso di parlare, rispondere, trattare le opinioni dei troll come serie digressioni sul mondo. Mi ci metto anche io, dato che ho scritto sia di Borghezio che di Feltri;
b. Napolitano. La querelle dei ministeri al nord poteva scivolare come un’inutile boutade estiva senza seguito, come è già accaduto per le ronde. Ma la decisione di muovere obiezioni sulla forma e la sostanza di questa decisione (scelta sacrosanta dal punto di vista formale, ma che non tiene conto delle strategie dei troll) ha dato valore a un tentativo, a questo punto riuscito, di depistare l’opinione pubblica dai problemi più seri;
c. I politici di centrodestra che hanno dato peso agli argomenti dei troll, provando a conquistare consenso interno all’attuale maggioranza ma, di fatto, rilanciando all’infinito la discussione sulle idee dei troll;
d. Gli elettori di centrosinistra che, ovviamente, hanno speso molte delle loro energie ideali a criticare l’avversario-troll di turno, anche grazie alla vasta esposizione mediatica ricevuta. Peccato che nessuna delle dichiarazioni dei troll abbia minimamente impattato sulla vita economica e politica dell’Italia, né è sensato sperare che siano i troll, ora, a salvarci.
Finché i troll generanno click, copertine, copie vendute, dunque interessanti prospettive per le inserzioni pubblicitarie, sarà difficile che l’informazione ne farà a meno. Anche perché i giornalisti hanno il dovere di non lasciar scorrere certe idee assurde.
Però chiedo alle istituzioni, almeno a loro, di non farsi trollare. E anche a noi stessi chiedo di ascoltare quella vocina che, leggendo le esternazioni dei troll, ci dice sistematicamente “ma che cazzate”. Una vocina che non ascoltiamo mai abbastanza dato che poi ci viene quell’insopprimibile voglia di saperne di più.