Un lettore scrive al Fatto Quotidiano:
Caro Direttore,
mi sembra che il taglio con cui presentate le recenti rivolte in Gran Bretagna non rispecchi la realtà della situazione. Tanto per cominciare, non si può veramente parlare di “ragazzi delle periferie” perché in Inghilterra non esiste la periferia come la intendiamo noi o come la “banlieue” francese. Poi, vivo a Liverpool da diversi anni e i “ragazzi delle periferie” che escono solo a notte fonda e stanno anche ora, mentre scrivo, dando fuoco a macchine
parcheggiate o spaccando vetrine di negozi per rubare articoli sportivi o schermi al plasma non sono esattamente la stessa cosa degli “indignados” in Spagna o dei manifestanti in Grecia, anche se fa comodo mettere tutto assieme scrivendo un articolo.
La Gran Bretagna è sicuramente un Paese con forti disuguaglianze sociali, se sia meglio o peggio dell’Italia da questo punto di vista
non sta a me dirlo. Però a mio parere non è eccessivamente onesto scrivere in prima pagina che tutta la polizia inglese non merita rispetto (la domanda retorica equivale ad un’affermazione) a causa degli accordi sottobanco del capo di Scotland Yard con Murdoch o forse della morte, peraltro ancora tutta da chiarire, di Mark Duggan. Immagino che chi scrive questo stando in Italia la mattina, andando al lavoro non si scomporrebbe affatto di trovare la propria utilitaria carbonizzata, anzi giustificherebbe i piromani, visti gli errori della polizia italiana (vedi alla voce Stefano Cucchi e affini).
Cordialmente,
Marco Marcello, Liverpool
Caro Marco,
negli articoli usciti oggi sul Fatto Quotidiano (pagine 2 e 3), a parte la dissertazione sul concetto di periferia che eviterei per non tediare i lettori, emerge con evidenza la differenza tra i “rioters” inglesi e gli “indignados” spagoli e greci. L’articolo, a firma della collega Roberta Zunini, non mette tutto assieme perché fa comodo. Si limita a registrare, da cronista, che negli ultimi mesi evidentemente qualcosa è cambiato, che l’esclusione sociale, declinata nelle sue diverse realtà, dagli studenti del Cile alle violenze d’Inghilterra alle rivolte nei Paesi arabi, ha raggiunto un livello non più tollerabile da vari settori, soprattutto giovani, di diverse società. Una ulteriore spiegazione del fenomeno è quella di Mary Riddell, sul quotidiano conservatore – e sottolineo conservatore – Daily Telegraph, che abbiamo tradotto e pubblicato a pagina 3: “I disordini di Londra non sono paragonabili a quelli della Grecia o della Spagna dove è il ceto medio che si rivolta contro un potere inaffidabile e traditore. Una parte dei giovani cittadini britannici – pugnalatori, violenti, saccheggiatori – sono già precipitati giù dal burrone di una nazione in via di disfacimento”.
In prima pagina abbiamo scritto, non so se in modo “eccessivamente” onesto: “Mark Duggan non avrebbe – notare il condizionale – sparato. La polizia lo ha ucciso il 4 agosto, scatenando la rivolta. Ieri la seconda vittima: un 26enne colpito da un proiettile”. Che cosa di questo si può contestare, dal momento che la stessa Scotland Yard ha dovuto ammettere che Duggan non avrebbe sparato? E che cosa si può contestare all’editoriale di Paolo Flores d’Arcais quando afferma che “il capo di Scotland Yard si è dovuto dimettere per le tresche con i corruttori e ricatattori del non-giornalismo di Murdoch”? Sono fatti.
g.c.