Il capo clan è stato catturato in un bunker ricavato all'interno del capannone di un'azienda. In manette per favoreggiamento il titolare Antonio Pronestì. Ecco i video del suo nascondiglio
All’operazione per l’arresto di Francesco Pesce hanno partecipato i carabinieri del Ros e del comando provinciale di Reggio Calabria che già da diversi mesi avevano intensificato l’attività di controllo per cercare di rintracciare ed arrestare il boss latitante. Il boss è stato trovato in un vero e proprio bunker ricavato all’interno di un capannone di un’azienda di Rosarno. L’annuncio della cattura del boss è stato dato a Reggio Calabria nel corso della manifestazione per il ventennale dell’ omicidio del magistrato Antonino Scopelliti, trucidato dalla mafia tempo fa.
Oltre al capo clan è stato arrestato per favoreggiamento con l’aggravante della modalità mafiosa Antonio Pronestì, 44 anni, titolare della ditta ‘Demol Sud’ di Rosarno. Proprio nella sua azienda, che opera nel settore delle autodemolizioni, è stato realizzato il bunker all’interno del quale è stato rintracciato ed arrestato Pesce. Il bunker era delle dimensioni di circa 40 metri quadrati provvisto di aria condizionata e composto da cucina, bagno e camera da letto, al quale si accedeva mediante una botola azionata da un meccanismo elettro-pneumatico attivato da un telecomando. All’interno della struttura c’era un collegamento a Internet, televisione con parabola ed un sofisticato impianto di videosorveglianza.
Francesco Pesce aveva ereditato le redini della cosca diversi anni fa dal padre, Antonio Pesce, detto anche ‘Testuni’, il quale a sua volta le aveva avute da don Peppino Pesce. Di Francesco Pesce ha parlato ripetutamente la cugina, Giuseppina, che sta collaborando con la giustizia. Sarebbe stata la donna a ricostruire in avvio l’organigramma e le attività della cosca, e a chiarire che Francesco Pesce ne era ora ormai la guida e il reggente.
L’inchiesta ‘All Inside’, che ha consentito di falcidiare la potentissima cosca dei Pesce, ha fatto pure luce sugli assetti criminali a Rosarno, città martoriata dalla criminalità organizzata, oltre che sugli equilibri e sui legami tra i soggetti che appartengono alle diverse famiglie della zona. Le indagini sul clan da parte dei carabinieri, coordinate dalla Dda di Reggio Calabria diretta dal Procuratore Giuseppe Pignatone, hanno avuto inizio molto tempo fa, dopo l’omicidio di Domenico Sabatino, elemento di spicco della cosca Pesce ucciso nell’ottobre del 2006.