Pasta al ragù, 1 euro e 50; roast beef, 2 euro; birra, 1,60; caffè, 42 centesimi; pasticcino, 0,46; aperitivo o ammazzacaffè, 0,93. E poi ancora, spremuta, 92 centesimi; panino col prosciutto, 1,17; tramezzino, 96 centesimi; cappuccino, 58; tè con fette biscottate, 84 centesimi. In concomitanza con la seduta di stamane delle 4 commissioni parlamentari per le comunicazione di Tremonti, il popolo del web ha fatto una scoperta “culinaria”: qualcuno ha trafugato materialmente un menù del ristorante dei senatori e lo ha pubblicato tal quale. Un enorme successo mediatico. Chi ha la possibilità di frequentare la “mensa” di palazzo Madama sa bene che non si tratta di un falso. Il documento è stato sfilato da uno dei tanti menù distribuiti ai “clienti” e custodito in una cartellina rigida in pelle blu. La sua attendibilità è quindi fuori discussione. Compresi i prezzi.
Un pasto completo non costa più di dieci euro (Leggi il blog di Wanda Marra). Ma nella maggior parte dei casi molto meno. L’iva non viene applicata perché, come in tutti gli esercizi interni alle aziende private o alla pubblica amministrazione, non è previsto dalla legge. Si tratta infatti di un servizio che non ha scopo di lucro: viene fornito per agevolare la vita dei lavoratori, anche se di alto rango, come si presume che siano i parlamentari. La gestione del ristorante del Senato è affidata ad una ditta privata, la Gemeaz Cusin, con sede a Milano. Il Senato fornisce il locale al piano terra in stile liberty: quasi 200 coperti, su una superficie di circa 400 metri quadrati, cucine a parte. E anche le attrezzature per la cottura, le tovaglie, i bicchieri e le posate. Queste ultime debbono essere periodicamente rinnovate perché recano lo stemma senatoriale e sono spesso “predate”come souvenir.
Ovviamente il prezzo pagato dagli avventori non basta a pagare le spese. Così per ogni coperto del ristorante la “Camera alta” deve raddoppiare la cifra corrisposta dai commensali. L’operazione costa circa 1.200.000 euro l’anno. Il presidente del Senato ha fatto sapere in serata che i prezzi della ristorazione interna verranno presto adeguati ai costi effettivi. E’ soddisfatto il deputato dell’Idv, Carlo Monai, che ha diffuso il menu del ristorante del Senato suscitando indignazione sul web. “Bisogna dare segnali di sobrietà”, ha spiegato commentando la decisione di Palazzo Madama di far pagare il costo effettivo dei pasti consumati. “Certo, e’ un gesto simbolico, ma in un momento come questo non possiamo vivere in un giardino dell’Eden”. Monai ha promesso che continuerà la sua battaglia per il taglio dei costi della politica e che rivelera’ altri particolari della vita da parlamentare, come il servizio di contestazione delle contravvenzioni dei deputati che, “dopo la mia denuncia è stato chiuso”.