Ieri alla Borsa di Parigi la seconda banca francese ha perso il 14%, a causa di un articolo di un tabloid britannico che domenica la definiva "sull'orlo di un disastro". Valutazione poi ripresa da The Guardian su Twitter. Ma un fallimento di SocGen non è affatto probabile, nonostante la flessione negli utili
Domenica scorsa, in effetti, è comparso un articolo che, oltre a lanciare dubbi pure sull’italiana Unicredit, ha scritto chiaro e tondo che Société Générale “è sui bordi di un disastro”, vedi un fallimento. Quel giudizio, probabilmente buttato lì dalla redazione, si è insinuato negli isterici meandri del mondo finanziario. E ieri è stato corroborato da media molto più seri e teoricamente più affidabili del Mail on Sunday. Vedi il The Guardian che, nel pomeriggio, inseriva a un certo punto su Twitter il messaggio: “SocGen farà la fine di Lehmans?”.
Nessuno nega i problemi di Société Générale, particolarmente esposta nei confronti della Grecia, a causa soprattutto dei massicci investimenti in titoli di Stato ellenici, effettuati quando Atene era la tigre del Sud Europa. Lo scorso 3 agosto la banca ha presentato i dati del secondo trimestre 2011, chiuso in attivo, anche se con un utile netto in calo del 31%, a quota 747 milioni di euro, proprio perché SocGen ha dovuto svalutare (per 395 milioni) i suoi bond greci. Alla vigilia, invece, gli analisti avevano previsto profitti per oltre un miliardo. Questo significa che SocGen sta per fallire? Non proprio.
La banca ha vissuto in un passato non così lontano momenti assai più difficili. E fasi in cui accumulava preoccupanti perdite, invece di macinare utili semplicemente inferiori al previsto. Come dimenticare all’inizio del 2008 lo scandalo Jerome Kerviel, il trader impazzito? Aveva fatto perdere a Société Générale 4,9 miliardi di euro in pochi giorni, altro che 395 milioni di svalutazione dei titoli ellenici. Più tardi, in quello stesso 2008 era arrivato il fallimento di Lehman Brothers. E così Nicolas Sarkozy aveva varato un piano di aiuti per i campioni del credito nazionale, SocGen in testa, per un totale di 360 miliardi di euro prestati al momento giusto e a condizioni agevolate. Nel frattempo Daniel Bouton, alla guida di Société Générale, che aveva gestito la crisi Kerviel con un eccesso di arroganza, si è fatto da parte. Non aveva mai ammesso le responsabilità del suo staff, che aveva lasciato un giovane megalomane giocare con i miliardi sui derivati come se si trovasse fra le mani la Playstation. Bouton è stato sostituito con un più giovane Frédéric Oudéa. Che da allora ha puntato di più sulla trasparenza. Che ieri ha criticato le “voci completamente fantasiose di cui siamo stati vittime”. E che ha pure il vantaggio, rispetto al suo predecessore e agli altri grandi banchieri di Francia, di non essere così tanto ammanicato con Sarkozy.
Una cosa è certa. Se anche SocGen fosse ai bordi del crack, lo Stato francese (con la tripla A di Standard & Poor’s o senza, altro dubbio dei mercati in questi giorni) accorrerebbe subito a salvare la sua grande banca. Questo a Parigi lo sanno tutti, ma proprio tutti. Anche coloro che oggi sono tornati a comprare il titolo SocGen, che ha chiuso la giornata in rialzo del 3,7 per cento.E qualche fondo d’investimento sta già cominciando a incassare i primi profitti dalla “bufala” del Mail on Sunday.