Richard Mannington Bowes, 68 anni, era stato colpito mentre cercava di spegnere un incendio nella sua abitazione nel sobborgo di Ealing. Dopo un'altra notte tranquilla, continua il dibattito sulle responsabilità della polizia e sulle eventuali restrizioni da imporre all'utilizzo di Internet
Un’altra vittima a Londra, altro dolore che si unisce allo sconcerto di una capitale sotto assedio, anche se la scorsa notte non ha visto grandi episodi di violenza. Richard Mannington Bowes, 68 anni, è morto in seguito alle ferite riportate mentre cercava di spegnere un incendio nella sua abitazione a Ealing, sobborgo della Londra occidentale. La Metropolitan Police ora ha aperto un’inchiesta per omicidio. E il sindaco della capitale, il conservatore Boris Johnson, ha subito dedicato un discorso a quella che ormai è già la quinta vittima dall’inizio degli scontri. Gli incendi, a Londra, non si vedono più. Ma gli animi dei londinesi sono ancora infuocati. Ed è probabile che lo saranno ancora di più, quando la metropoli inglese farà i veri conti con quello che è successo, cercando di capire il perché e il per come di tanta rabbia repressa a lungo alla quale si è unita, come spesso accade, la violenza per la violenza.
Intanto, la polizia reagisce. Le decine di migliaia di telecamere sparse per la città – le famigerate Cctv – hanno ripreso tutto il riprendibile. La Metropolitan Police, inizialmente presa alla sprovvista e – queste le accuse che giungono da più parti – incapace di porre subito rimedio, ha ora cominciato ad analizzare ore e ore di filmati. Gli arresti fioccano, i tribunali stanno lavorando anche di notte per la mole di lavoro. Secondo gli ultimi dati resi noti dalla polizia, sono in tutto 1.745 le persone arrestate in diverse città della Gran Bretagna da sabato scorso: Londra detiene il degli arresti con un totale di 1.051, dei quali 591 sono sfociati in altrettante incriminazioni. Intanto la politica chiede restrizioni. Che sono soprattutto a Internet e ai sistemi di messaggistica dei telefonini, come i Blackberry, usatissimi a Londra. Ieri Cameron lo ha ripetuto più volte: il governo sta pensando di restringere l’utilizzo dei social network come Facebook e Twitter, che in più di una occasione si sono rivelati grande piazza virtuale dei rivoltosi. Sarà comunque difficile far passare certe misure in un Paese come la Gran Bretagna, con tutto il suo rispetto per i diritti civili delle persone. Almeno sulla carta.
Chiaramente, sui forum e sulle pagine dei commenti dei giornali online, subito è scoppiata la rivolta, questa volta virtuale, degli internauti. Il timore è che quei diritti civili di cui tanto si parla ora vengano lesi. La libertà di comunicare e di interagire – questo il tono dei commenti – non dovrebbe essere mai toccata ma dovrebbe essere anzi incentivata. Il dibattito è aperto, la caccia alle streghe pure. Blackberry ha messo in campo i suoi tecnici e i suoi esperti per aiutare la polizia a intercettare il suo sistema di messaggistica. A ore si attendono le reazioni dei grandi social network, che quasi sicuramente alzeranno barriere a difesa della loro libertà. E del loro business.
La sicurezza, in generale, è ora al centro delle discussioni. Il dibattito parlamentare di ieri, in cui Cameron ha detto che anche la polizia aveva le sue colpe, ha fatto arrabbiare gli ufficiali e anche il semplice agente di strada. Il Labour ha chiesto più forze, anche economiche, soprattutto per la Metropolitan Police, il corpo dell’area vasta di Londra. Che, secondo l’opposizione, dovrebbe anche essere aiutata a fronteggiare le spese eccezionali di questi giorni. Cameron, invece, ha risposto che si andrà avanti con i tagli alla spesa pubblica, anche nel settore della sicurezza, perché non è con i soldi che si risolvono problemi morali e culturali, ha affermato.
Ma se c’è qualcuno che sostiene che la società britannica si sia definitivamente rotta, qualcun altro invece celebra il Regno Unito, in quell’anticipo di patriottismo che sicuramente sarà di scena nelle prossime settimane, quando tutti cominceranno a dire che la società civile deve ritrovare il suo orgoglio per il proprio Paese, che a Londra, tutto sommato, si sta bene, che non saranno di certo pochi giorni di violenze a piegare una città che non si è arresa neanche al blitz dei nazisti. Ashraf Aziq, l’adolescente della Malesia attaccato e rapinato da dei teppisti nel sobborgo di Barking e ripreso in un video poi finito su Internet, ha gelato i detrattori del regno. “La Gran Bretagna è grande”, ha detto. Dieci minuti di terrore non gli hanno fatto cambiare idea.
di Matteo Impera