Leggere Il Giornale in questi giorni è istruttivo. Vittorio Feltri e Alessandro Sallusti, da esperti funamboli del berlusconismo, sfidano il vuoto confidando che il filo di menzogne del padrone di cui sono al soldo ancora regga. In questa visione falsata della realtà, Feltri e Sallusti riescono ad affibbiare la responsabilità del dramma economico che sta vivendo il Paese a tutti tranne che all’unico colpevole, alleato con la crisi: Silvio Berlusconi.

Sallusti, pur riconoscendo l’ampia maggioranza di cui dispone il Capo, scrive che il Paese è rimasto immobile per colpa dell’opposizione. Per non parlare della magistratura. E se nel governo qualcuno non si è dimostrato all’altezza della situazione, non è stato Berlusconi, ma Giulio Tremonti. Scrive infatti Feltri: “Ha trascurato la malattia, non l’ha diagnosticata correttamente e, quando è stato obbligato a curarla, ha improvvisato, come un rabattino”.
Lo stesso Feltri che appena poche settimane fa accusava il ministro dell’economia di non avere coraggio, rimproverandolo di star troppo attento al debito, di non aprire la borsa. Ma va la… Dicevano.

Sallusti difende direttamente il premier. “Se c’è un’accusa che non può essere rivolta a Berlusconi è proprio quella di non aver visto quei nodi (la crisi, ndr) e aver provato a scioglierli per tempo”. Forse Sallusti ha la memoria corta. Nel 2008 a oggi, cioè da quando la crisi si è mostrata nei suicidi e negli scatoloni di Lehman Brothers, il buon Silvio se ne è (diciamocelo chiaramente) allegramente sbattuto. Gli “italiani hanno risparmio”, ripeteva. E quando la settimana scorsa il mondo finanziario sembrava prossimo a essere inghiottito partendo proprio dall’Italia, il lungimirante Silvio non era a Roma ma nella sua villa in Sardegna, da cui è rientrato solo mercoledì. E non ha messo mano a un decreto per risollevare il Paese, ma si è premurato di dire che le sue aziende sono solide e “se avessi fondi investirei fortemente nelle mie aziende”. Mica scemo, Mediaset ha perso il 48%. E dalla quotazione in Borsa, avvenuta nel 1996, per la prima volta la società del Cavaliere e dei suoi cinque figli (Piersilvio, Marina, Barbara, Eleonora e Luigi) è stata scalzata fuori dalla top 5 (come ha scritto Milano Finanza stilando la consueta lista dei Paperoni d’Italia).

Insomma il premier di tutto si preoccupa tranne che del Paese. Ma i fidati giornalisti di famiglia camuffano la realtà dando la colpa a tutti, anche alla banda bassotti. A conferma che probabilmente Berlusconi si candiderà alle prossime elezioni. È già campagna elettorale, visto che si cerca di mentire ai lettori sulle responsabilità oggettive della crisi.

“Non sappiamo con chi prendercela”, riesce a scrivere Vittorio Feltri, che si lamenta di non sapere a chi rifilare “almeno un calcio nel sedere” per sfogare la rabbia dovuta all’ennesima stangata agli italiani. “Gente del genere, in Ungheria, finirebbe in galera”. Fosse per me anche qui.

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