L'economista stronca il provvedimento del governo: "Il risanamento del Paese è rinviato per l'ennesima volta. Nessun intervento sulla spesa per le opere pubbliche, sulla giustizia civile, sulla competizione di mercato"
Professore andiamo con ordine: i tagli alla politica, almeno quelli, li possiamo salvare?
“Sono cosette: abolire 36 province e 1500 comuni non fa certo male, ma non siamo di fronte a provvedimenti che risanano e fanno crescere la produttività. Il 13 luglio Mario Draghi all’Assemblea dell’Abi e Ignazio Visco alle commissioni riunite della Camera e Senato ci dicono cose molto chiare: è urgente, ma molto urgente, stimolare la crescita e ridurre il debito risanando il paese. Si parla di competitività e di potenziale di rilancio dell’economia: le stesse parole del Bollettino della Bce e nella lettera che Jean-Claude Trichet ha inviato, con i governatori delle banche centrali di Roma e Madrid, ai governi d’Italia e Spagna. Io purtroppo nei provvedimenti varati ieri non trovo nulla di tutto questo: solo una manovra che rinvia il risanamento ancora una volta. Draghi è dal 2006 che lo chiede e invece ho sentito ieri Giulio Tremonti dire che questa crisi è inaspettata! E’ iniziata il 9 agosto 2007. Dov’era Tremonti? Impegnato a trasferire banconote in contanti?”
Quindi secondo la sua analisi non abbiamo affrontato nessun problema strutturale?
“Nessuno. Non ho mai visto una crisi così voluta, ignorata sin dalle premesse. Ignazio Visco, che è capo economista dell’Ocse, ricordava che bisogna incrementare la competitività delle imprese, migliorare la spesa delle infrastrutture (che da noi costano il 30% in più per la corruzione), ridurre drasticamente i tempi della giustizia civile, stimolare la competizione del mercato. Mi dica lei dove si trova anche solo uno di questi interventi nella manovra di venerdì?”
Per esempio si parla di privatizzazione delle ex municipalizzate e di validare i contratti aziendali anche quando derogano a quelli nazionali….
“Nel primo caso siamo al capitolo delle promesse, delle buone intenzioni e nulla di più. Sono quindici anni che mi occupo in prima persona di questi temi e non abbiamo ancora ottenuto nulla, o quasi. La tanto decantata lenzuolata di Bersani al massimo avrà inciso sull’1% del sistema e ci siamo arrivati dopo opposizioni feroci. Per quanto concerne i contratti aziendali, mi sembra solo un intervento demagogico che punta a produrre una spaccatura tra Cgil e Fiom. In Germania, la Grande coalizione quando ha siglato il patto con le parti sociali ha imposto regole molto chiare: teniamo fermi i salari, ma in cambio gli imprenditori si impegnino ad investire nel Paese. Qui nessuno ha chiesto a Marchionne di garantire realmente che saranno effettuati gli investimenti promessi in Italia.”
di Andrea Di Stefano