E se da un lato viene da storcere il naso a leggere i dati, dall’altro si ha finalmente il pretesto di parlare di Montalcino oltre Brunellopoli: appressandosi a una collina di oltre 500 metri, fra vigne e olivi e lecci (da cui probabilmente “Mons Ilcinus” cioè “monte dei lecci”), si scorge questo borgo medievale che ha mantenuto intatto il suo fascinoso aspetto. Resti etruschi e documentazioni varie attestano che la collina sia stata abitata da millenni: per quanto le attuali dimensioni del nucleo abitativo risalgono al XVI secolo. Le mura della città invece risalgono al XIII secolo, in posizione strategica sulla via Francigena: allora una delle strade di pellegrinaggio più importanti dell’Occidente cristiano.
È possibile lasciare l’automobile in uno dei parcheggi presso Montalcino (quello nello sterrato sotto viale Strozzi è gratuito), e passeggiare lungo uno dei viali lasciando che la vista spazi fra i colori e contrasti della valle del fiume Ombrone o quelli della valle del pescosissimo torrente Asso. Fino ad arrivare alla fortezza, che è stata costruita nel 1361 sul punto più alto della città: incorpora una torre e mura del secolo scorso, oltre a un’antica basilica. Fuori della fortezza, addentrandosi nei vicoli acciottolati del borgo, salendo e scendendo fra l’ombre degli edifici in pietra, si possono ammirare: la chiesa di Sant’Egidio, con facciata romanica; il Palazzo Comunale della fine del Duecento, decorato con tutti gli stemmi araldici dei podestà che hanno governato il borgo e la cui terrazza posteriore offre una vista spettacolare sulle crete senesi; il teatro degli Astrusi, cioè una specie di teatro in miniatura, capolavoro dell’architettura teatrale progettato nel 1766; i Loggiati di Piazza del Popolo, struttura rinascimentale con i sei archi a tutto sesto; le chiese trecentesche di Sant’Agostino e San Francesco, entrando nei conventi annessi (dove ci sono i Musei riuniti di Montalcino) per vedere i chiostri; la Cattedrale di San Salvatore eretta s’un antica pieve, e infine il Santuario della Madonna del Soccorso.
Se si vuole placare la fame e la sete, con un pranzo leggero o con un aperitivo, si consiglia l’enoteca osteria Osticcio: ordinando un piatto di donzelle fritte (un tempo fatte con gli avanzi della pasta per fare il pane) accompagnate a fettine di prosciutto, senza dimenticare un bicchiere di Rosso o di Brunello.
Il caffè però bisogna prenderlo fatto dalla mitica Faema E61 del Caffè Fiaschetteria Italiana, avviato nel 1888 da Ferruccio Biondi Santi, il papà del Brunello: del 1888 è infatti anche la più vecchia bottiglia di Brunello al mondo, che si trova nella cantina dell’azienda Il Greppo della famiglia Biondi Santi.
Se si vuole prenotare per la nottata: nelle stanze secolari della Casa degli Orsi ha dimorato una delle più antiche famiglie del luogo.
Giacché Montalcino è la città del vino ma anche del miele (ogni anno c’è la settimana del miele), si può provare quello al girasole o al trifoglio di Loredana Tanganelli di La Melina, in via Moglio 32, meglio chiamare al 0577-848687 prima di passare.
Fuori del borgo, si può fare visita a una delle tante aziende vinicole che hanno vendita diretta. Avendo già scritto dei migliori vini assaggiati alle anteprima di degustazione a febbraio (a cui vanno aggiunti gli straordinari e non economici vini di Soldera, Poggio di Sotto, Cerbaiona e Biondi Santi), si consiglia di portare qualche damigiana da casa e andarle a riempire da Tiezzi: l’ultima annata del suo “vino sfuso”, a circa 3 euro al litro, proviene dalle stesse vigne con cui produce Rosso di Montalcino. Vino sfuso di questa qualità è pressoché impossibile da trovare altrove.
L’olio è un altro dei prodotti eccellenti che potrete trovare a Montalcino, e non manca la scelta: si consiglia l’azienda agricola Palazzina – Le Macioche, sulla strada che da Montalcino porta a Castelnuovo dell’Abate (meglio chiamare prima il 0577849168, dato che i proprietari vivono a Roma): hanno solo un ettaro di oliveto, da cui fanno un olio eccellente. Una bottiglia di 0,75 costa 11 euro – la lattina da 5 litri costa 50 euro. Il vino, non è da meno.
Non lontano c’è la splendida abbazia di Sant’Antimo, architettura romanica lombardo-francese costruita in onice e alabastro, che non si deve mancare. E poi si può passare a Sant’Angelo in Colle, nel mezzo del Parco Naturale della Val d’Orcia: dove lo zafferano è coltivato fin dal Medioevo. A una decina di chilometri da Sant’Angelo c’è il castello di Poggio alle Mura (con tanto di torre merlata), oggi feudo dell’azienda Banfi e la cui prima costruzione è antecedente all’anno Mille.
Per cambiare paesaggio, si può scegliere d’inerpicarsi sul Monte Amiata, un antico vulcano spento, facendo escursioni o bagni termali: imperdibili quelli alle terme libere di Bagni San Filippo, dove s’innalza la cascata solidificata detta Balena Bianca. Ci sono terme anche a Bagno Vignoni e a Petriolo. Come imperdibile è una cena al ristorante il Silene: la mano di Roberto Rossi non tradisce i sapori dell’autentica cucina toscana. Gustosi i tortelli maremmani e il piccione “alla maniera di Silene”, entrambi basati sull’eccellente olio denocciolato che è prodotto coi 700 olivi centenari da monocultivar autoctona, cioè l’olivastra di Seggiano. Non andatevene senza averne acquistata una bottiglia. Oppure pernottate al Silene e al mattino fatevi condurre al parco d’arte contemporanea fatto da Daniel Spoerri a Seggiano: un bizzarro e fantasioso percorso, botanico e al contempo scultoreo, fra le opere di una quarantina d’artisti specie svizzero-tedeschi.
Se poi non si vuole rinunciare ad abbinare i vini di Montalcino ad una Fiorentina, che sia perfino di Chianina, recatevi alla Taverna di Campagna a Monte Antico. Ottima frollatura e cottura.
Andando invece ad est di Montalcino, si può visitare San Quirico d’Orcia, e in specie la magnifica Collegiata. Se si vuole acquistare qualcosa in uno dei negozi, sono interessanti i prodotti del Birrificio San Quirico o i salumi del Podere Forte, specie il salame crudo profumato d’aglio e vino rosso.
Presso San Quirico, spersa fra i campi, si trova anche una piccola cappella: Madonna di Vitaleta.
Spingendosi a nord, si può arrivare all’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore: s’un altura circondata di cipressi, che s’erge sullo scabro paesaggio delle crete e dei ripidi calanchi boschivi. Gli affreschi del Sodoma e del Signorelli, nel Chiostro Grande dell’abbazia, sono fra le più stimate opere della pittura italiana del Rinascimento.
Ci sarebbero poi Monticchiello, Pienza (non tanto per il pecorino) e Montepulciano… ma quello è un altro articolo.