Il discorso di Alfano alla Camera sulla crisi economica ha confermato che di Angelino si possono dire molte cose, ma nessuna è interessante. Tra un colpo di sonno e uno alla decenza, ha spiegato che l’esecutivo non cederà al ricatto dei mercati. Scopriamo che il problema non è la povertà, ma come se la passa il Palazzo e che la colpa della miseria che ci assedia non è del governo ma del Mib crudelissimo. È bello avere leader che si assumono responsabilità. Così al lungo elenco dei cattivi che in questi anni hanno impedito alla destra di lavorare, dopo stampa, magistratura, e una buona parte dei 10 comandamenti, si aggiunge il Pil.
Un liberale che se la prende con i mercati è alla frutta, è un po’ come vedere un cattolico che toglie il saluto a San Giuseppe. Ma va data la colpa a qualcuno e bisogna essere acrobati di prima categoria per scaricare il barile mentre lo si raschia.
Alfano… Ma perché quest’uomo ci governa? Al di là di espiazione, peccato originale o pessimo karma. Per scovare qualcosa di interessante e non di grigio su di lui bisogna risalire al 2009 quando il pentito Gagliardo raccontò di mafiosi che, vedendo Angelino in Tv, bestemmiarono. Pare che uomini d’onore sostenessero che il babbo di Alfano, e poi Alfano medesimo (Angelo l’uno, Angelino l’altro, che teneri!) avessero chiesto voti a Cosa Nostra e, poi arrivati al potere, pontificavano contro gli amici che li avevano aiutati. Questo non è corretto. Se ciò fosse vero – noi non lo pensiamo – Alfano sarebbe il primo politico della storia repubblicana da cui la mafia ha preso le distanze. Questo, effettivamente, è fico.
Messo a capo del Pdl il 1 giugno ha impiegato quasi due mesi per un’uscita da segretario. Un uomo di polso quindi, presente agli eventi. In fondo l’Italia sta bene e meglio non potrebbe andare al suo partito, dilaniato da scandali e lotte interne. A bene vedere, che questo sia l’ideale stato di salute del Pdl, dal mio punto di vista, è pure vero.
Ma alla nomina di Alfano a segretario una domanda tormentò i commentatori: perché Berlusconi, mentre viene messa in discussione la sua leadership, ha scelto come suo sostituto un uomo tanto scialbo? Un politico il cui atto fondamentale nella legislatura è quel “lodo alfano” accusato di essere un barbatrucco per evitare processi e quindi un atto di servilismo verso il Capo? Poi si fermarono un attimo, rilessero la domanda e qualcosa parve a tutti di intuire.
Il Pdl sta male. Il Capo non rimane alla guida. Perché? Molti hanno avuto l’impressione che Alfano faccia la funzione del giornale con cui si occupa la poltrona del treno intanto che si va alla ritirata. Se noi siamo quel treno, e si guarda l’ecatombe della borsa, è anche piuttosto chiaro verso dove galoppi l’Eurostar. Basta ancora poco, pochissimo, e così il Pdl realizzerà in Italia il grande sogno della Dc: fondere il cattolicesimo con la corsa al progresso della modernità. La cosa, credo, si chiami Apocalisse.
La forza di volontà di Alfano, l’indipendenza, trionfano nell’incipit del discorso alla Camera: “Il Presidente ha scelto di riferire in Parlamento sull’economia del Paese e già questa è una scelta apprezzabile”. Chi di noi non trova degno di complimenti un capo del governo che, mentre il suo paese affonda, decide di non starsene a casa, ma di dire due parole alle Camere? Non è gentile da parte sua?
Di Nicola Baldoni
Il Misfatto, inserto satirico de Il Fatto quotidiano, domenica 14 agosto, 2011