Come ogni anno il Senatùr avrebbe dovuto tenere un discorso pubblico nel paese, prima di partecipare alla cena per il compleanno del ministro Tremonti. Ma l'evento è stato cancellato all'ultimo momento, per evitare la contestazione organizzata dal presidente della provincia di Belluno, Gianpaolo Bottacin, deciso a chiedere conto dei tagli varati dal governo e pronto alle dimissioni
Qui Bossi e Roberto Calderoli vengono due volte l’anno. I primi di gennaio per l’ormai famosa cena degli ossi e a metà agosto per il compleanno di Giulio Tremonti che qui trascorre le sue vacanze estive – ha una casa a Lorenzago – e il 18 festeggia con i due amici leghisti e pochi altri intimi, con una cena all’hotel Ferrovia gestito dal Gino Mondin. La festa è sempre stata preceduta, il giorno prima, da un comizio di Bossi. Ma stamani è stato annullato: un gruppo di uomini del Carroccio, capitanati dal presidente della Provincia di Belluno, Gianpaolo Bottacin, hanno annunciato che sarebbero venuti a chiedere conto dei tagli.
A loro si è accodato il Partito Democratico, così stamani Mondin, organizzatore del comizio, ha deciso di annullare l’incontro dopo aver chiamato anche Calderoli. Ma il risultato è stato l’opposto: invece di fermare la protesta la ha alimentata. E a metà pomeriggio si è trovato all’ingresso dell’albergo Bottacin con la bandiera della provincia listata a lutto. Bottacin si è seduto sui tavoli all’esterno e si è messo ad aspettare Bossi e Calderoli che arriveranno a fine pomeriggio da Ponte di Legno.
“Non è una protesta”, ci tiene a dire Bottacin, “ma una semplice richiesta di chiarimento: i tagli della manovra mi costringono a chiudere la Provincia. Da Belluno mandiamo a Roma ogni anno 800 milioni di euro, ce ne arrivano indietro 25 circa e io solo di costo del personale ho 10,5 milioni di spese, il nostro territorio è colpito da seimila frane delle novemila che ogni anno si registrano in Veneto, poi dobbiamo spalare la neve, ci sono le scuole. Insomma la cancellino loro perché altrimenti devono mettermi in condizione di gestire il territorio”.
Bottacin è un leghista della prima ora. Finora ha tentato di risolvere i problemi parlando direttamente con Calderoli e Tremonti. Poi ha preso carta e penna e scritto anche al Capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Che gli ha risposto. “Ma non può fare un decreto, deve agire il governo e questi qui invece continuano a tagliare”. E così ha deciso di venire a protestare di persona. “Voglio dire ai nostri ministri che così non si può andare avanti”, dice scuotendo la testa, mostrando delusione per il suo partito. “Io devo rispondere prima di tutto ai cittadini che mi hanno votato, a loro devo rendere conto, soltanto dopo mi preoccupo del colore di chi è che fa gli errori a Roma”. Da un sacchetto di plastica tira fuori un libro rilegato. Titolo: Tirate al petto. Lo mostra. “L’ho ricevuto pochi giorni fa, è un libro che il presidente della Provincia di Cosenza ha inviato a tutti i presidenti di Provincia italiani, ed è completamente pagato dal suo ente. Capisce? E io non ho i soldi per riparare le strade. Degli 800 milioni che ogni anno mandiamo a Roma magari alcuni sono stati regalati a Cosenza e li hanno spesi per questo. Non esiste, non esiste”.
I malpancisti leghisti aumentano ogni giorno. E per quanto Bossi si ostini a dire che nel partito non ci sono spaccature è la base a mostrare sempre più evidenti segni di staccamento dai vertici. Basti pensare allo scorso fine settimana, quando Bossi non si è presentato a Ponte di Legno fino a lunedì e dalle strade sono stati cancellati gli slogan che inneggiavano al Capo e che erano qui da dieci anni, lungo i tornanti del Tonale ad accompagnare chi saliva verso i rifugi montani. E ora arrivano persino all’hotel Ferrovia, ritiro storico dei leader del Carroccio. Gino Mondin, il proprietario, fuori dall’albergo ha appeso due cartelli: “Albergatore armato”. Per tenere lontano gli scocciatori certo, che nessuno avrebbe immaginato sarebbero stati leghisti.
A protestare arriverà a Calalzo anche il Partito Democratico. E’ stata creata una pagina facebook “comitato accoglienza Bossi Calderoli Tremonti” per pubblicizzarle la manifestazione: domani alle 17.30 e fino alle 23 circa trenta persone si presenteranno a volantinare contro i tagli alla Provincia. Ma l’opposizione è stata battuta dalla Lega che a protestare è venuta oggi. E Bottacin non ha intenzione di mollare. “A Bossi e Calderoli io dirò una cosa semplice: o ci date la possibilità di rispettare i cittadini fornendogli i servizi per cui pagano profumatamente Roma, oppure è inutile tenere aperta la provincia. Io sono pronto a dimettermi subito e devono farlo anche i tre ministri veneti, compreso Galan che il territorio lo dovrebbe conoscere piuttosto bene visto il suo passato, e i quattro deputati eletti a Belluno, a partire da Paniz che al governo si è ambientato e sembra sappia far valere le proprie idee quando vuole, e tutti i bellunesi che hanno incarichi negli enti. Così possiamo dare un bel segnale. Noi aiuti dallo Stato non ne riceviamo”.
E a Bossi che due giorni fa aveva semplificato dicendo che anche “i nostri amministratori son diventati terroni, aspettano i soldi”, Bottacin risponde chiaro: “Siamo noi che mandiamo i soldi a loro, qui non arriva niente. Se potessimo andremmo in Svizzera”. Non oltre confine, certo, ma un anno fa la Provincia aveva chiesto di poter indire un referendum per passare al Trentino Alto Adige e diventare come le province di Bolzano e Trento. “A Roma ce l’hanno bocciato, capito? Io devo dare delle risposte ai miei elettori quindi o mi mettono in condizione di poter almeno coprire le buche delle strade oppure la Provincia devo chiuderla o la aboliscano subito loro; aboliscano tutte le province ma basta scherzare con la gente, così non si può andare avanti”.
A sentirlo parlare sembra un esponente dell’opposizione. Tanta la rabbia, la delusione, l’indignazione. Nella Lega di territorio che si vanta di essere l’unico partito realmente presente e con un legame profondo con la base, un presidente di Provincia del Carroccio che parla in toni così critici nei confronti dei suoi ministri di riferimento non si era mai visto prima. Finora dal via Bellerio le voci negative sono sempre state azzittite, cancellate, commissariate. Questa volta invece è Bossi che è costretto a difendersi. E a Calalzo di Cadore, tra i leghisti, c’è già chi fotografa lo stato del partito con la solita delicatezza padana: “Ormai non possiamo neanche più esporlo come facevano con Breznev“.