Scudo fiscale? No problem. Pensava a tutto lui, Mario Merello, uomo d’affari con base a Milano, meglio noto nel gran giro festaiolo come il marito della cantante Marcella Bella. Sì, perché anche tra i furbetti del fisco c’è qualcuno più furbetto degli altri. Qualcuno che ha scelto una scorciatoia. Lo scudo sì, ma con il trucco. Per frodare il fisco due volte. La prima non pagando le tasse. E la seconda barando perfino sulla generosa amnistia concessa nel 2002 e poi ancora nel 2009 dal ministro Giulio Tremonti. Bastava chiamare lui, Merello, 66 anni, lo spicciafaccende milionario, con mega appartamento milanese a due passi da via Montenapoleone, yacht d’ordinanza e rapporti altolocati nel mondo della finanza e della politica. Anni fa, per dire, venne avvistato a una sua festa anche il ministro Ignazio La Russa.
Una gran carriera, quella del “signor Marcella Bella”, con una moltitudine di clienti, addirittura centinaia, desiderosi di nascondere all’estero le loro ricchezze. Lo scudo fiscale, fin dal 2002, è servito a dare nuovo slancio alle attività di Merello. Almeno questa è l’accusa di magistrati e Agenzia delle Entrate che grazie alle indagini della Guardia di Finanza hanno smantellato la sua efficiente struttura. La vicenda, emersa un paio d’anni fa, torna adesso d’attualità. Perché Merello sta cercando un accordo con fisco e procura e perché questa storia offre uno spaccato del gigantesco strascico di malaffare lasciato dallo scudo tremontiano. Un provvedimento che ha creato il terreno ideale per nuove truffe, come quella messa in piedi da Merello.
Funzionava così. L’evasore fiscale, in genere un imprenditore con base tra Milano e Verona, era pronto ad aderire al condono per regolarizzare la sua posizione, ma temeva che prima o poi le informazioni fornite in forma anonima sarebbero stata utilizzate dal fisco. Che fare? Merello aveva studiato una soluzione ad hoc. Il patrimonio all’estero veniva trasformato in quote di un fondo d’investimento con base a Tortola, nel paradiso fiscale delle British Virgin Islands. Erano queste quote a essere rimpatriate grazie allo scudo. Il malloppo dell’evasore invece restava all’estero intestato a un trust che ne schermava la reale proprietà. Un successone, davvero. Merello, affiancato dal commercialista veronese Siro Zanoni e dall’avvocato svizzero Fabrizio Pessina, faceva fatica a tener dietro alle richieste dei clienti. Nel gigantesco file sequestrato agli indagati si trova un elenco sterminato di nominativi. Imprenditori magari poco conosciuti dal grande pubblico.
Un campionario, il peggiore possibile, di quella miriade di piccole e medie aziende che trainano il made in Italy. Nell’elenco troviamo il bresciano Bruno Nocivelli dell’Azienda Bresciana Petroli, la famiglia Greggio, tra i leader europei nella lavorazione dell’argento, i veronesi Montresor, proprietari di alberghi, Angelo Cordioli e parenti vari, forti nella metallurgia. E altri ancora per decine e decine di pagine. Tutti con il loro codazzo di società off shore che, secondo la ricostruzione degli investigatori, servivano da casseforti occulte per il denaro nero. Infatti, oltre all’operazione scudo, quella tecnicamente più ardita, la struttura era pronta a offrire consulenze e soluzioni chiavi in mano anche a chi voleva semplicemente all’estero i suoi soldi.
Il grande impegno di Merello e soci era premiato da ricche parcelle. La Guardia di Finanza ha tirato le somme contestando fatture false per oltre 250 milioni. Lui, il gran capo dell’organizzazione, avrebbe occultato al fisco redditi per oltre 10 milioni. Il quadretto è completato dalla solita banca svizzera su cui transitavano decine di milioni di euro. I conti cifrati intestati degli evasori, così come quelli dei trust, erano stati aperti alla Clariden bank, filiale di Lugano. Due anni fa, quando Merello è finito nella rete delle indagini, si è visto sequestrare 25 milioni depositati in Italia e presto tutta la vicenda potrebbe approdare in un’aula di tribunale a Milano. Non è detto, perché il prestigiatore dei conti off shore sta cercando di trovare un accordo con l’Agenzia delle Entrate per poi puntare al patteggiamento nel processo penale. Il prezzo è alto però. Alcune decine di milioni. E il ricchissimo Merello, forse per la prima volta in vita sua, sta implorando uno sconto.
Da Il Fatto Quotidiano dell’18 agosto 2011