Il direttorissimo intervistato dal parlamentare-giornalista del Pdl Giancarlo Mazzuca alla rassegna Sotto Sale di Bellaria trova il tempo di attaccare il Fatto e Marco Travaglio. Ma senza un seppur malandato Tg1 non ha share. "Le spese con la carta di credito aziendale? Ho restituito tutto, l'azienda ci ha pure guadagnato"
Qualcuno tra gli organizzatori della rassegna che ospita l’incontro conferma il flop. “Avevamo chiamato polizia, carabinieri e c’erano perfino agenti in borghese seduti in mezzo al pubblico. Ci si aspettava più gente e si temevano contestazioni”. L’unica a contestare durante l’intervista è una bimba in braccio al padre, che vuole correre a giocare al luna park lì vicino e fa sentire il suo dissenso. Sarà stato il caldo o il periodo di ferie la causa della scarsa affluenza? “Macché ferie, vedi quanta gente seduta più in là tra i tavolini del bar? Per l’intervista con Arrigo Sacchi qualche settimana fa c’era la piazza piena, almeno 250 persone e così per tutte le altre”. Durante l’incontro qualche passante si ferma, chiede chi sia l’ospite e va via.
Intervistato da Giancarlo Mazzuca, parlamentare Pdl, ex direttore di “Qn, Quotidiano Nazionale” e organizzatore della rassegna letteraria Sotto Sale che ospita l’incontro, Minzolini spiega la sua concezione di giornalismo: “Qualcuno mi ha accusato di omettere delle notizie, io credo invece di dare delle notizie che non vengono date dagli altri”. Quando alla fine dell’incontro chiediamo al direttore dell’omissione dell’informazione sulla prescrizione nei confronti dell’avvocato Mills, al Tg1 passata come “assoluzione”, lui si difende. “Io neanche c’ero in redazione. È stato solo un titolo, tre secondi rispetto a sette edizioni in cui l’informazione è stata poi riportata bene. È stato un errore, sicuramente, ed è evidente che io non potevo coprire ciò che gli altri giornali scrivevano”.
Eppure le omissioni (o più semplicemente gli errori, secondo il direttore) continuano. Recentemente l’ultimo caso, quello della sagra del peperoncino di Rieti. Il conduttore del Tg1 in studio lancia la notizia sulla manifestazione “che ha suscitato polemiche”. Di che polemiche si tratti, il Tg1 lo omette. Così mentre il servizio parla degli effetti benefici del peperoncino, tralascia di spiegare che il Presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, era arrivata alla manifestazione con un elicottero della Protezione civile e questo aveva creato le tanto misteriose e innominabili polemiche.
Tornando alla poco affollata intervista di ieri in Riviera, Minzolini cita, tra i suoi bersagli preferiti, il Fatto quotidiano e gli editoriali di Marco Travaglio. Proprio colui che, dice l’intervistatore, “ti chiama Scodinzolini o Minzolingua”. “È chiaro che se ti vuoi ritagliare uno spazio di mercato, tu devi dire qualcosa in più rispetto a ciò che dicono l’Unità o Repubblica, aumentando il livello del livore o dell’accusa – spiega il direttore del Tg1 – Quello, secondo me, non è giornalismo. Non è raccontare le cose per quelle che sono, ma trovarti un nemico e cercare di demolirlo. Ma – conclude lanciando una frecciata al quotidiano diretto da Padellaro – parliamo di 70 mila copie, non di più”.
Insomma per Minzolini a parlare sono i dati di vendita. Tuttavia anche quelli del suo Tg1 non vanno tanto bene. Sul grosso calo di ascolti del suo tg, soprattutto dopo l’avvento di Enrico Mentana alla conduzione del Tg de La7, Minzolini ha una sua teoria: “È colpa dell’avvento del digitale terrestre”. Mentana e il suo tg vanno in onda anche dove il digitale ancora non c’è, ma questo è un dettaglio non importante, almeno quanto non sono importanti i 700 mila telespettatori persi dal Tg1 delle 20 dal 2009 a oggi e il 10 % in meno di share rispetto al 2008.
Quando a un certo punto dell’intervista Mazzuca gli chiede se riconosce qualche gaffe nella sua carriera, Minzolini non ne tira fuori nemmeno una e se la cava con un “nessuno, nemmeno io ho sempre la verità in tasca”.
Forse qualcuno, magari anche lo stesso intervistatore, si sarebbe aspettato che Minzolini citasse il caso Violante. Nel 1994 a pochi giorni dalle elezioni politiche con Berlusconi in campo, Minzolini mise in bocca a Luciano Violante del Pds, allora presidente della Commissione parlamentare antimafia, una confidenza di indagini per mafia riguardanti uomini vicini al Cavaliere. L’articolo fece scalpore e costrinse alle dimissioni Violante dalla sua carica. Il polverone consentì a Berlusconi di atteggiarsi a perseguitato dalla magistratura vicina a una parte politica. Qualche giorno dopo vinse per la prima volta le elezioni. Solo due anni più tardi Minzolini e la Stampa, giornale per cui scriveva, ammisero che quelle dichiarazioni non erano vere ma “frutto di impressioni soggettive, generate da malinteso”. Ma ormai la frittata era fatta.
Intanto, mentre le sedie della piazzetta di Bellaria si svuotano pian piano, Minzolini cita i politici che più lo hanno affascinato nella sua carriera: Moro, Berlinguer, Craxi, Andreotti. E nella seconda Repubblica? “Berlusconi, un grande politico, o almeno un grande comunicatore”. Altri nomi non ne fa. Come Berlusconi del resto si sente perseguitato: “Se fossimo in un regime, come dicono molti, io dovrei essere il tiranno. In realtà sono il perseguitato, perché ho un articolo contro al giorno”.
Le argomentazioni di Minzolini non strappano un applauso. In un angolo della piazza carabinieri e vigili urbani in divisa continuano a parlottare incuranti e senza ascoltare. Minzolini crolla negli ascolti anche in Riviera.
Il video è di Giulia Zaccariello