Lo sfregio questa volta è scritto con un pennarello rosa. Una crocetta sulla parola “fascista”, dalla perentoria frase “2 agosto 1980, vittime del terrorismo fascista”, sostituita con la parola “palestinese”. Artefice Francesco Storace, ex deputato del Movimento Sociale, oggi segretario della Destra Nazionale, che sulla sua pagina Facebook ha contraffatto con il Paint di Windows una foto della lastra posta nella sala d’aspetto della stazione felsinea, in ricordo delle vittime del 2 agosto.
“Cancellate la parola ‘fascista’ da quella lapide, chiedete giustizia vera per i troppi innocenti assassinati, non cercate colpevoli qualunque”, accompagna così la provocazione fotografica l’ex missino, “La pista palestinese e’ stata colpevolmente trascurata per troppo tempo: e’ l’ora della verità. Le notizie che arrivano da Bologna impongono un atto di chiarezza. Da oltre trent’anni la strage alla stazione e’ marchiata ideologicamente”.
L’atto barbarico e volgare di Storace è la diretta conseguenza della riapertura del fascicolo riguardante la cosiddetta “pista palestinese” per quel che concerne i mandanti della strage alla stazione. Pista investigativa da sempre sostenuta dall’ex presidente della repubblica Cossiga e che richiama in causa il terrorista Carlos e i tedeschi Kram e Frohlich. Indagine che potrebbe rivelarsi il primo atto di una possibile archiviazione come di un nuovo futuro dibattimento processuale. Ciò comunque non comporta la cancellazione della sentenza definitiva che condanna all’ergastolo i fascisti appartenenti ai Nar, Francesca Mambro e Giusva Fioravanti , come a 30 anni di carcere Ciavardini, per l’esecuzione materiale dell’attentato che provocò 85 morti e oltre 200 feriti.
Una nuova strategia di revisione storico-ideologica, orchestrata da molti uomini del centro destra, circoscrivibile localmente a Bologna e dintorni, ora riverberata nel commento di un singolo, ex parlamentare, da sempre fervente sostenitore degli ex camerati a lui vicini in gioventù come Mambro e Fioravanti.
La “pista palestinese”, infine, non è nulla di nuovo sul piano investigativo. “Non porta da nessuna parte”, ha detto Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione dei parenti delle vittime del 2 agosto, “il terrorista tedesco Kram era già stato indagato e quei documenti hanno fatto perdere cinque anni ai magistrati di Bologna. Altre sono le direzioni verso cui indirizzare gli sforzi. Infatti confermo che stiamo preparando un secondo dossier che consegneremo alla Procura perché si vada verso i reali mandanti, dopo che una sentenza definitiva della giustizia italiana si è pronunciata sui nomi degli attentatori”.
(d.t.)