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“Tassare di nuovo i capitali scudati si può” <br/>Più scrupoli per gli evasori che per gli onesti

"Non si svelerebbero i nomi degli evasori e non si romperebbe alcun patto tra Stato e cittadini". Maria Cecilia Guerra, economista di Lavoce.info, smonta le obiezioni giuridiche alla proposta che potrebbe cambiare il volto della manovra correttiva. "Vedo più problemi nel contributo di solidarietà e nella Robin Tax". Il Pd: "Chi accampa scuse tecniche preferisce tagliare mense e asili"

“Le obiezioni sollevate finora non sono sostanziali. La tassazione dei capitali già scudati è possibile, sia dal punto di vista tecnico che da quello giuridico”. Ne è convinta Maria Cecilia Guerra, direttore del dipartimento di Economia politica dell’Università di Modena e Reggio Emilia, economista di Lavoce.info e in passato componente di diverse commissioni ministeriali in materia di tributi. Una nuova imposizione sui patrimoni illecitamente detenuti all’estero – regolarizzati con lo scudo del 2009-2010 in cambio di un’imposta “leggera” del 5 per cento – rappresenterebbe una vera inversione a U rispetto alle politiche fiscali del centrodestra. E, una volta tanto, ribalterebbe sui “furbi” parte dei pesanti sacrifici richiesti dalla manovra correttiva.

Da più parti, però, vengono sollevate obiezioni sulla fattibilità dell’intervento. Che non sarebbe “costituzionale”, in quanto retroattivo; che romperebbe il “patto di fiducia” tra Stato e cittadini; che infrangerebbe la garanzia di anonimato offerta in cambio del rientro dei fondi (peraltro rimasti in buona parte all’estero). “Tassare nuovamente i capitali scudati sarebbe un’ipotesi legalmente non praticabile”, sostiene la Fodazione Italia Futura di Luca Cordero di Montezemolo, perché romperebbe “un patto, per quanto sbagliato, con i contribuenti”. E’ la linea del ministro della Difesa Ignazio La Russa, timoroso che “mai nessuno si fidi più dello Stato”, ma anche di alcuni esponenti dell’area liberal del Pd come Franco Debenedetti e Nicola Rossi.

La posta in gioco è molto alta, non solo dal punto di vista etico. Una nuova imposta del 18 per cento sui capitali scudati – in modo che la tassazione totale arrivi al 23 per cento, il primo scaglione Irpef – porterebbe nelle casse dello Stato ben 18 miliardi di euro, quasi l’intera manovra per il 2012. E potrebbe avere un ampio sostegno nel prossimo dibattito parlamentare sulla manovra. Pd e Idv la sostengono a spada tratta, ed è arrivato l’apprezzamento del leghista Flavio Tosi, che si è detto “favorevolissimo”, così come Carmelo Briguglio di Fli. Prima di accantonarla per presunte difficoltà insormontabili, allora, vale davvero la pena di vederci chiaro.

“Innanzitutto, anche con la nuova imposta è possibile rispettare l’anonimato garantito a chi ha aderito allo scudo fiscale”, spiega Maria Cecilia Guerra. “L’imposta può essere riscossa dagli intermediari finanziari che all’epoca hanno curato le pratiche per conto dei loro clienti, e che certamente ne conservano i documenti. Le carte dello scudo, infatti, possono essere opposte a eventuali accertamenti fiscali”.

Non si tratterebbe neppure di una tassazione retroattiva, argomenta l’economista, e quindi non ci sarebbe nessuna “rottura” del patto tra Stato e cittadini. “L’adesione allo scudo può essere considerata semplicemente un indicatore di buone disponibilità patrimoniali, sulla base del quale si chiede al contribuente un ulteriore versamento. La manovra contiene già il contributo di solidarietà sui redditi Irpef e l’addizionale Ires per le imprese energetiche, queste sì retroattive visto che vanno a toccare anche i redditi prodotti quest’anno, prima della manovra di agosto. Perché allora lo Stato dovrebbe farsi degli scrupoli in più per patrimoni frutto di evasione o peggio?”.

Andando a ben vedere, tra l’altro, il provvedimento varato dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti due anni fa (nonché nel 2002-2003) garantiva lo “scudo” non verso future imposte, ma “verso ulteriori accertamenti fiscali, che nessuno infatti propone di svolgere”, precisa Guerra. E comunque, ribadisce, “con questa manovra lo Stato rompe di fatto altri patti. A parte il contributo di solidarietà, magari qualcuno aveva progettato di comprare una casa al figlio con il Tfr, o di andare in pensione in un dato momento…”. In conclusione, “certo non è bello, ma in una situazione d’emergenza lo Stato queste cose le fa”. Decidere a chi farle, allora, è questione politica e non di cavilli.

Il Pd ha illustrato una proposta di tassazione dei capitali scudati che sposa in pieno questa analisi: “Un’imposta patrimoniale una tantum del 15% sulle basi imponibili regolarizzate attraverso il condono-scudo fiscale del 2009”, ha spiegato Stefano Fassina, responsabile Economia e Lavoro dei democratici. Per non violare “il sacro anonimato degli evasori”, i soggetti tenuti a pagare l’imposta saranno “gli intermediari finanziari che hanno gestito la regolarizzazione dei capitali evasi”. Che poi avranno “l’obbligo di rivalersi sui loro clienti”.

Tutto regolare, insomma. E allora, conclude Fassina, “chi continua ad accampare scuse tecniche o giuridiche dovrebbe avere l’onestà intellettuale di dire che preferisce, per ragioni di convenienza politica ed elettorale e per egoismo sociale, far pagare chi paga sempre o tagliare le mense scolastiche, gli asili nido, l’assistenza agli anziani, il trasporto pubblico locale”.