La parola d'ordine del meeting di Rimini è trasversalità. Lo si capisce dagli ospiti che oltre al Capo dello Stato inaugureranno la kermesse: Lupi del Pdl e Letta del Pd. E Formigoni, lo storico leader che scalda i motori per il post B, avrà un ruolo defilato in modo da non destare troppi sospetti
In dodici mesi è cambiato tutto. Oggi pomeriggio il Meeting di Rimini sarà inaugurato con una certa solennità dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il cui discorso sui giovani e l’Europa è preannunciato come importante e “denso”. Accanto a lui prenderanno la parola un esponente del Pdl di provenienza ciellina, Maurizio Lupi, e uno del Pd, Enrico Letta. Una perfetta trinità: i vertici di Cl chiedono la benedizione del loro appuntamento annuale al presidente ex comunista che Silvio Berlusconi ha da tempo individuato come il più insidioso contraltare al suo potere declinante; e gli affiancano due politici, sì cattolicissimi, ma simmetricamente provenienti da maggioranza e opposizione.
La simbologia inaugurale si riverbera su tutto il programma fino a sabato 27 agosto. La parola d’ordine è trasversalità. Si dialoga con tutti. Non ci sarà Berlusconi, in passato protagonista di toccanti incontri con i giovani di Cl, ma anche lo storico leader del movimento, il presidente della regione Lombardia Roberto Formigoni, che scalda i motori per il dopo B., si farà vedere solo come moderatore di un dibattito marginale. I ciellini si sentono sempre più forti. Puntano al milione di presenze tra gli stand di Rimini, dove mettono in campo un esercito di quattromila volontari. Se fossero un partito sarebbero il più forte “partito di massa” italiano. Una ragione di più per muoversi in modo assai felpato. Guai a dare l’idea di essere il comitatone elettorale del Formigoni che verrà, dunque.
E per carità, nessun nemico. Con l’arcivescovo “amico” Angelo Scola hanno appena espugnato la diocesi di Milano dopo decenni di ininterrotto potere del cattolicesimo democratico “montiniano” (da Giovanni Battista Montini, poi Paolo VI, agli ultimi epigoni Carlo Maria Martini e Dionigi Tettamanzi). E, a sorpresa, quest’anno hanno invitato proprio Tettamanzi. Perché Comunione e Liberazione è anche una ramificata rete di potere che si muove nel sistema delle aziende. La Compagnia delle Opere celebra quest’anno il suo venticinquesimo anniversario con 34 mila imprese associate. La crisi economica fa male a tutti, e a queste imprese qualcuno deve pur pensare. Regolati i conti con la Lega Nord, a cui i ciellini proprio in Lombardia da tempo non fanno più vedere la palla, c’è la novità di Giuliano Pisapia al comune di Milano, dove si è dolorosamente (per Cl) chiuso un ventennio di giunte di centro-destra influenzate dagli allievi di don Giussani.
Nessun nemico, dunque. Trasversalismo prima di tutto, passando per la sordina alla politica e per l’esaltazione della “società civile”, che è poi il campo di gioco preferito di Cl. É su quel terreno che la Compagnia delle Opere coltiva da tempo la trasversalità con le coop rosse. A Rimini il numero uno della Lega Coop Giuliano Poletti e il presidente Pd della provincia di Roma Nicola Zingaretti intratterranno i giovani ciellini sull’imperdibile tema “Il lavoro come bene comune”.
Il convegno è organizzato con la collaborazione di Obiettivo Lavoro, società di lavoro interinale molto nota, anche se non tutti sanno che è nata dall’alleanza tra Compagnia delle Opere e Coop rosse. Una parentela incarnata dalla figura di Massimo Ferlini, esponente del Pci coinvolto e assolto nell’inchiesta Mani pulite, oggi vice presidente della stessa Compagnia delle Opere. Del resto non è un caso che l’incontro inaugurale con Napolitano sia organizzato con la collaborazione dell’Intergruppo parlamentare per la Sussidiarietà, parola totem per il pensiero sociale cattolico attorno alla quale Cl raduna un plotone di politici di ogni schieramento. La trasversalità non guarda solo a sinistra. In un programma meno generoso del solito con i politici non mancherà la ribalta del sabato mattina per il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, beniamino dei giovani ciellini, nè quella per il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi. Il mondo di Cl guarda con moderata fiducia, ma acuta curiosità, al vagheggiare dei due attorno a un nuovo soggetto cattolico-moderato per il dopo Berlusconi. In fin dei conti l’idea di Cl resta quella di sempre: la religione e la sussidiarietà stanno meglio se a difenderle c’è la spada della politica.
Il Fatto Quotidiano, 21 agosto 2011