Così è stato annunciato, pochi giorni fa, dal rapporto biennale dei francesi dell’INED: cioè l’Istituto Nazionale degli Studi Demografici. I dati confermano le stime dell’Onu. Negli ultimi due secoli la popolazione mondiale è passata da 1 miliardo a 7 miliardi, aumentando di 1 miliardo solo negli ultimi 12 anni. Si prevede che arriverà a 9-10 miliardi alla fine del XXI secolo.

La crescita demografica è passata da 2% a 1,1% negli ultimi 50 anni, per un calo della fecondità delle donne: passate da una media di 5 figli a 2,5 figli per donna. In Italia si è a 1,4 contro i 7 figli per donna del Niger (il minimo di 0,9 è a Taiwan). La fecondità più elevata (più di 4 figli) si ha nell’Africa Subsahariana, in una parte della Penisola araba, e nelle regioni che vanno dall’Afghanistan fino al nord dell’India passando per il Pakistan.

L’Italia ha un tasso naturale di crescita demografica del 0,1%: più vicino al minimo mondiale della Bulgaria (0,5%) che al massimo del Niger (3,4%).

E se da un lato i 7 paesi più popolosi del mondo (Cina, India, Stati Uniti, Indonesia, Brasile, Pakistan e Nigeria) hanno oggi circa 3,59 miliardi di abitanti in totale; dall’altro lato è possibile che la popolazione africana quadruplichi nell’arco di un secolo, passando dagli 800 milioni di abitanti del 2000 a 3,6 miliardi del 2100 (perlopiù nel sud del Sahara), nonostante l’Aids (il 18% dei malati è oggi in Africa del Sud). Difatti si dimezzerà il tasso di mortalità.

La Cina è il paese più popoloso del mondo, con 1,3 miliardi di abitanti, ma nei prossimi 10 anni sarà superato dall’India (quasi 1,2 miliardi) che ha un tasso di fecondità delle donne più elevato. L’Italia è alla posizione numero 23 della lista, con quasi 61 milioni di abitanti, ma si stima che scenderà alla posizione numero 30 nei prossimi 4 decenni.

La densità di popolazione più spaventosa è a Macao (Cina), con una media di 21.423 abitanti per chilometro quadrato, cioè l’opposto della Mongolia o della Russia che hanno una media di 3 abitanti per chilometro quadrato. L’italia è a una media di 202.

L’indice di vecchiaia più alto spetta al Giappone, col 23% della popolazione sopra i 65 anni (8% è la media mondiale), davanti alla Germania con il 21%, e poi all’Italia con il 20%.  Ovviamente al contrario dell’indice di giovinezza: il 14% degli italiani ha meno di 15 anni, mentre la media mondiale è del 27% (il Niger ha il primato col 49%).

La maggiore aspettativa di vita spetta ancora al Giappone (83 anni, la media mondiale è di 70 anni), poi alla Svizzera (82 anni). L’Italia ha una media di 81 anni. Afghanistan, Zimbabwe, Angola e Nigeria sono agli ultimi posti con un’aspettativa di vita che va dai 44 ai 52 anni (che è perlopiù quella di tutta l’Africa del Sud).

In conclusione, l’aumentare della popolazione mondiale, specie nelle aree meno avanzate, comporterà anche l’aumentare delle persone denutrite: oggi una su sette, specie donne e bambini. Ciò sarà (ma lo è già) tragicamente esasperato dagli aumenti di prezzo degli alimenti, così come dalle emergenze climatiche e dall’instabilità politica. La Banca Mondiale aveva già stimato che l’aumento sconsiderato dei prezzi del cibo, negli ultimi 6 mesi del 2010, aveva ridotto 44 milioni di persone in più alla povertà. E, secondo l’ultimo rapporto congiunto OCSE-FAO, nel prossimo decennio i prezzi dei cereali e quelli della carne aumenteranno in media, rispettivamente, del 20% e del 30%.

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