Dagli stand di CL a Rimini, il titolare del dicastero dello Sviluppo Economico evidenzia un problema di leadership dentro al Pdl. Poi risponde al presidente della Repubblica e rilancia: "non era un'accusa all'esecutivo, ma solo un appello ad avere meno steccati e un po’ più spirito critico". Al Meeting, intanto, sfilano altri ospiti del mondo dell'economia come Corrado Passera, AD di Intesa Sanpaolo, e Fulvio Conti, AD di Enel.
”Dopo 17 anni, nel Pdl può darsi che si ponga un problema di rappresentatività”. Lo ha detto al Meeting di Cl il ministro per lo Sviluppo economico Paolo Romani: “Nel partito carismatico in cui milito non c’era il problema di scegliere il leader che era Berlusconi ed in lui tutti, a partire da me, ci siamo riconosciuti e per seguirlo abbiamo lasciato il mondo del lavoro per impegnarci in politica. Ma oggi, dopo diciassette anni, può darsi che il problema di rappresentatività vado posto”.
Romani punta il dito sui partiti attuali, “oggi fondamentalmente destrutturati e senza un meccanismo di elezione della classe dirigente, per cui bisogna trovare dei meccanismi nuovi”. Esempio? La rivoluzione perfetta della Tunisia “dove il popolo della Rete ha mandato a casa la precedente classe dirigente ma non l’ha sostituita, dando vita ad un governo tecnico e successivamente, con le elezioni, la parola passerà alla gente”.
Da qui l’accenno ai 22 milioni di italiani che stanno su Facebook e hanno una straordinaria capacità di generare consenso, di cui la politica non può dimenticarsi: “dobbiamo rivoluzionare i partiti, mettere qualcosa di nuovo, esprimere qualcosa di diverso nella consapevolezza che la opinione pubblica oggi non è più fatta solo dai giornali o dalle televisioni ma dal popolo di internet”.
Poi Romani risponde direttamente al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ieri nel suo discorso inaugurale del Meeting di Comunione e Liberazione a Rimini aveva lanciato un duro attacco contro il Governo: “Non abbiamo sottovalutato la crisi. Stiamo attenti, dare fiducia non significa alimentare illusioni; non si dà fiducia e non si suscitano le reazioni necessarie, minimizzando o sdrammatizzando i nodi critici della realtà”.
Quello dell’inquilino del Quirinale è sembrato un attacco al tipico ottimismo berlusconiano sbandierato fino a pochi mesi fa e svanito solo con la recente frase del premier sulla manovra economica d’emergenza:“il mio cuore gronda lacrime e sangue”.
Per prima cosa il ministro Romani – in collegamento dal Meeting col programma televisivo Rai, Uno Mattina – nega che quella di Napolitano sia stata un’accusa all’esecutivo, ma solo “un appello ad avere meno steccati e un po’più spirito critico”. Poi il titolare della politica industriale del Paese, ricorda i meriti del governo nell’affrontare la situazione fin dal 2008. Romani richiama in particolare la riforma del passaggio delle manovre economiche in parlamento: “Per primi nel 2008, quando la crisi non era ancora esplosa con tutta la sua violenza – ha detto ancora Romani – annunciammo la modifica del passaggio della famosa finanziaria in Parlamento. Eravamo già allertati sulla necessità che occorrevano manovre veloci. E già nel 2008 facemmo una riforma del passaggio parlamentare del bilancio dello Stato”.
Per il ministro l’intervista televisiva è anche occasione per chiarire alcuni punti fermi della manovra economica ora alle Camere. Innanzitutto nessuna patrimoniale. “L’ipotesi è stata valutata, ma esclusa e non credo che tornerà d’attualità”. L’esponente del governo non nasconde che “ci sono punti critici” specie nel settore dei tagli ai ministeri e agli enti locali. “Vedremo nelle prossime settimane cosa sarà possibile fare”, conclude Romani.
Il meeting ciellino è anche l’occasione per una parata di gotha dell’economia, dell’industria e della finanza. Ognuno con la sua ricetta per il rilancio del sistema economico italiano.
C’è la finanza con Corrado Passera, amministratore delegato del colosso bancario Intesa Sanpaolo (che è anche tra i principali sponsor della rassegna di Cl): “Dobbiamo lavorare sull’evasione fiscale, sapendo che le persone e le imprese oneste si sentono letteralmente strangolate”. Ma soprattutto il banchiere non si dice contrario a una tassazione d’emergenza: “Saranno necessari sacrifici straordinari, una tantum, ma sono accettabili se vengono inquadrati in un progetto e in una prospettiva di sviluppo”.
A Rimini c’è poi il mondo dell’industria energetica. Fulvio Conti, numero uno di Enel, è andato all’attacco dei lacci e lacciuoli che a suo parere imbriglierebbero l’industria italiana e che rispondono al nome di Enti Locali. Conti parla addirittura di riformare la Costituzione: “Bisogna semplificare la legislazione che rallenta gli investimenti e riformare il titolo V della Costituzione, che in materia di energia consente a qualsiasi ente locale di bloccarli”. Il riferimento alla Centrale Enel di Porto Tolle, situata all’interno del parco sul Delta del Po è esplicito: “Fatecela costruire”. La decisione di riconvertirla a carbone ha provocato infatti la protesta degli ambientalisti e ultimamente l’opposizione della stessa Regione Emilia Romagna.
Conti se la prende anche contro la Robin Hood Tax, l’imposta sui ricavi delle aziende energetiche che verrà incrementato con la manovra e che l’ad di Enel definisce sprezzantemente una “legge da sceriffo di Nottingham”.
Infine il mondo del lavoro. Dopo l’arrivo inaspettato di Sergio Marchionne al meeting – con la conferma dell’impegno della sua Fiat in Italia – oggi è il segretario generale del Cisl Raffaele Bonanni a lanciare il ramoscello d’ulivo verso il manager italo-canadese: “La Fiat non potrà che giovarsi dei provvedimenti del governo, che danno ancora più certezza agli investimenti della casa torinese nel nostro Paese. Spero che Marchionne sappia cogliere la volontà evidente di una larga parte del sindacato e dell’opinione pubblica italiana perché la Fiat continui ad investire in Italia”. Insomma linea morbida, anche verso il governo: “Continueremo a mobilitarci nelle prossime settimane, ma senza mischiarci con chi vuole fare scioperi generali di natura politica per risolvere i propri problemi interni”. Il governo insomma non tocchi le pensioni d’anzianità, ma anche se lo fa, in piazza la Cisl non scenderà di certo.