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Manovra, quello che Tremonti non dice

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Insostenibile, iniqua, allarmante. Sono tanti gli aggettivi che potremmo accostare alla manovra bis del ministro Giulio Tremonti, ma sfido chiunque a trovarne uno positivo. Ci dicono che dobbiamo stringere la cinghia, risparmiare e, soprattutto in politica, che non dobbiamo sprecare nemmeno un euro ma, anzi, tagliare i costi più che possiamo. E questo va bene. Ci dicono che la crisi non è finita e che dobbiamo ancora pazientare, chissà fino a quando. Mentre le famiglie boccheggiano e faticano ad arrivare a metà mese ormai, e i giovani precari sono sempre più spaventati dal futuro, tanto da non avere più nemmeno il coraggio di sognarla, quella famiglia.

Quello che non ci dicono è che se questa manovra dovesse passare così com’è, gli enti locali non avranno nemmeno di che risparmiare, perché non ci saranno soldi. E se non ci sono soldi, saranno a rischio tutta una serie di servizi fondamentali come la sanità, le politiche sociali, il trasporto pubblico. Per capire di cosa stiamo parlando, vediamo di fare un po’ di conti.

Per quanto riguarda il Comune di Bologna, questo decreto sommato ai precedenti rischia di sottrarre un quinto del bilancio comunale in due anni, riducendolo di 120 milioni di euro. Ai 50 milioni di euro che sono venuti meno nel 2011 con il taglio dei trasferimenti, bisogna infatti aggiungerne altri 12 milioni in meno sul bilancio del 2012. A questo, va sommato poi l’inasprimento del Patto di Stabilità, che obbliga il Comune a trovare 60 milioni di euro in più da mettere in cassa, senza però poterli utilizzare.

I tagli peseranno moltissimo anche sulla Regione Emilia Romagna. Il bilancio del 2012 dovrà infatti fare i conti con 130 milioni di trasferimenti in meno, da sommare ai 390 milioni di tagli già previsti più altri 65 milioni nel 2013. Centinaia di milioni di euro da aggiungere ai 740 milioni già decurtati nell’ultimo biennio in Emilia Romagna. E alla sorpresa dei ticket sanitari.

Non ci deve dunque sorprendere l’allarme lanciato prima dall’assessore regionale ai Servizi, Teresa Marzocchi («Così il welfare non esiste più»), poi dal vicesindaco di Bologna Silvia Giannini («Questa manovra così com’è non è sostenibile»), perché senza fondi non si va avanti, non esiste autonomia per gli enti locali, non ci possono essere aiuti per i lavoratori in crisi e le famiglie, il welfare rischia di scomparire.

Così come rischiano di scomparire inutilmente i simboli della libertà, del lavoro e della Repubblica, grazie alla vergognosa norma che chiede l’abolizione delle feste civili: 25 aprile, primo maggio e 2 giugno. Abolire le feste civili è pericoloso, perché sono un elemento forte di coesione di un Paese.

Di fronte a tutto questo proviamo rabbia, paura. Ma non basta. Cittadini, associazioni, forze sociali e politiche devono scendere in piazza, mobilitarsi, lottare perché siano modificate in modo rilevante le misure contenute nel decreto approvato dal Governo.

Cambiamo la manovra, possiamo farcela.

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