Appare come una decisione inspiegabile che lascia negli investigatori molte perplessità il suicidio di Maria Concetta Cacciola, di 31 anni, la testimone di giustizia che si è tolta la vita ingerendo dell’acido muriatico a Rosarno. E proprio per chiarire ogni dubbio la Procura di Palmi ha deciso di avviare un’inchiesta per accertare l’esatta modalità dei fatti.
Maria Concetta Cacciola viene descritta come una donna forte e coraggiosa e gli inquirenti che hanno avuto modo di conoscerla l’hanno descritta come una persona che “voleva una vita libera per lei e per i suoi tre figli”. E’ proprio per questo motivo che gli investigatori intendono far luce fino in fondo sulle modalità del suicidio. Al vaglio degli inquirenti, infatti, c’è anche l’ipotesi che la donna possa aver deciso di togliersi la vita perché indotta dalla situazione personale che si era determinata dopo la decisione di collaborare con la giustizia.
La testimone era figlia di Michele Cacciola, a sua volta cognato del boss Gregorio Bellocco, capo dell’omonima cosca di ‘ndrangheta di Rosarno. Il marito di Maria Concetta Cacciola, inoltre, è Salvatore Figliuzzi, attualmente detenuto per scontare una condanna a otto anni di reclusione per associazione di tipo mafioso. Cacciola, inoltre, era cugina dell’ex collaboratrice di giustizia, Giuseppina Pesce, figlia del boss detenuto Salvatore.
Nel maggio scorso Maria Concetta Cacciola si era presentata spontaneamente ai carabinieri di Rosarno e con una forte determinazione aveva deciso di iniziare la sua collaborazione perché, aveva detto, “non c’è la faccio più a vivere in questo inferno. Voglio raccontarvi tutto e cambiare vita”. La donna, che non era accusata di nessun reato, iniziò a raccontare fatti ed episodi relativi alle cosche di Rosarno conosciuti per via del suo legame di parentela con esponenti della criminalità organizzata. Dal momento della sua collaborazione ha reso dichiarazioni che sono state acquisite dalla Dda di Reggio Calabria e grazie alle quali è stato possibile anche individuare due bunker utilizzati dai latitanti.
Le dichiarazioni fatte ai magistrati da Maria Concetta Cacciola sono ritenute dai magistrati molto importanti e utili dal punto di vista investigativo e sono attualmente utilizzabili. Dopo l’avvio della sua collaborazione la donna aveva ottenuto il programma di protezione e viveva in una località segreta. Agli inquirenti Cacciola aveva anche riferito di avere paura per la sua incolumità per via della sua scelta di collaborare con la giustizia. Il 10 agosto scorso, improvvisamente e senza alcuna spiegazione, Cacciola ha deciso di rinunciare alla protezione ed è rientrata a Rosarno per riabbracciare i suoi tre figli che si trovano in compagnia di alcuni familiari ed erano in attesa di raggiungere la madre nella località protetta.
Che cosa sia accaduto a Rosarno dal momento dell’arrivo di Maria Concetta Cacciola e quali possano essere le motivazioni che l’hanno portata al suicidio sono ancora interrogativi avvolti dal mistero sui quali stanno cercando di fare luce gli agenti del commissariato di Gioia Tauro che conducono le indagini.