Niente fronde interne, ogni fibrillazione va immediatamente sedata. Ad Arcore, lunedì pomeriggio, Angelino Alfano ha ricevuto un mandato molto stretto da Silvio Berlusconi: mettere a tacere le fronde interne al Pdl e trovare una sintesi non solo sugli emendamenti alla manovra, ma anche sulla “filosofia” alla base della stessa per evitare, in seguito, che in aula si possano verificare pericolose “prese di distanza” di principio. L’autunno politico che coincide anche con quello di questa maggioranza di governo si annuncia bollente, soprattutto dopo la proclamazione dello sciopero generale per il 6 settembre da parte della Cgil (Leggi). I sondaggi continuano a fotografare una situazione in picchiata. Il rischio che la Lega cerchi l’incidente di percorso per poter andare a elezioni anticipate – cosa che eviterebbe un ulteriore logoramento della sua base – rappresenta per il Cavaliere l’incubo ricorrente.
Così, Algelino Alfano non ha perso tempo e appena uscito dalla residenza di Arcore ha immediatamente chiamato il sottosegretario alla Difesa, Guido Crosetto, uno tra i più attivi dei ‘frondisti’ interni al Pdl e gli ha chiesto un incontro immediato. Ieri, in piena notte, in un ristorante del centro storico della Capitale, a due passi dalla casa romana dell’ex Guardasigilli, Alfano ha sondato il pericolo “reale” rappresentato dagli uomini della fronda. Un incontro durato ben tre ore, fin quasi alle due del mattino, che ha lasciato l’amaro in bocca al neo segretario del partito. Crosetto è stato chiaro: così com’è questa manovra è indigeribile per chiunque, soprattutto per chi, come gli uomini del Pdl, si sono sempre presentati all’elettorato come il partito che non metteva le mani in tasca ai cittadini. ”E’ indifendibile – ha ribadito più volte Crosetto – non può essere presentata agli italiani”. Le stesse parole, più o meno, usate da Antonio Martino al telefono con il Cavaliere: ”Ho parlato con Berlusconi – ha raccontato l’ex fondatore di Forza Italia – e gli ho detto che non posso più salvare la sua faccia, ma posso ancora salvare la mia”. La fronda, quindi, non fa alcun passo indietro, anzi. E, infatti, ieri Alfano ha cominciato a girare come una trottola per vedere più uomini possibili dentro e fuori dal partito, in vista della riunione di vertice prevista per domani pomeriggio.
Incontri, telefonate, contatti a 360 gradi, prima (in via dell’Umiltà) con il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, poi con il capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, quindi con il vicepresidente della Camera, Maurizio Lupi. Poi, di nuovo, a pranzo, con il ministro Paolo Romani, ancora con Crosetto e con il sottosegretario all’Economia Luigi Casero. Verso la fine della colazione si è aggiunto anche Guidalberto Guidi, già vicepresidente di Confindustria e presidente dell’Anie. La matassa da dipanare è senza dubbio complessa. Nella mente del segretario Alfano si starebbe facendo strada la convinzione di proporre l’innalzamento della soglia di reddito del contributo di solidarietà, come ribadito anche da Massimo Corsaro, ma i frondisti insistono che quella misura va tolta del tutto, anche se Pier Ferdinando Casini avrebbe dato il suo via libera a patto d’inserire il famoso quoziente familiare per la calibratura del prelievo, ma la sintesi appare ancora lontana. Di certo, l’ultima parola sui cambiamenti la diranno Berlusconi e Umberto Bossi in un incontro che, a quanto sembra, dovrebbe avvenire entro i prossimi due giorni. In commissione, al Senato, aspettano solo il loro via libera per andare avanti. Di certo, quello che ha notato Alfano sondando ogni brandello del partito, è che l’insofferenza verso Giulio Tremonti è forte. Ancora ieri Berlusconi avrebbe confidato ai suoi interlocutori tutto il fastidio per le “rigidità” del ministro dell’Economia, “chiusure inaccettabili”, secondo il Cavaliere, in questa fase così difficile. Di certo la ‘piattaforma Alfano’ servirà da materia di scambio nel braccio di ferro con il Carroccio, terreno di confronto e scontro in vista dell’incontro con Bossi.
Intanto, i frondisti hanno mandato avanti un ulteriore “piano B” per modificare la manovra, in modo che non si dica, poi, che le alternative a quanto scritto da Tremonti non erano possibili. Ecco dunque che Giorgio Stracquadanio e Isabella Bertolini hanno proposto al governo di guardare nel comparto delle grandi aziende di Stato, un settore, stimano i due deputati, che vale oltre 100 miliardi ”. E “anche se possono essere rapidamente vendute partecipazioni per 20 miliardi di euro, l’indicazione che scaturirebbe sarebbe chiara e in controtendenza rispetto al passato. Sarebbe il segno che l’Italia intende realmente abbattere il proprio debito pubblico e velocemente”.