Brendan Perry e Lisa Gerrard sono due artisti che ai più dicono poco o addirittura nulla. Citando i Dead Can Dance, ovvero il nome del gruppo al quale appartengono, probabilmente qualche “darkettone” della prima ora si lascerà colare il trucco persistente ma niente di più.
Brendan Perry e Lisa Gerrard non hanno frequentato i salotti buoni della musica pop, né abitato le classifiche di vendita che regolano il music businnes. Tuttavia hanno arredato le stanze disadorne del rock, o meglio quel filone dark/wave inaugurato negli anni ’80 che difficilmente compare sulle copertine dei giornali di riferimento, ma che ai giorni nostri resta inequivocabile fonte d’ispirazione nel caleidoscopico panorama della musica.
Otto dischi all’attivo, l’ultimo dei quali risale al 1996. Ora, a distanza di quindici anni, i Dead Can Dance ritornano insieme per dare alle stampe un nuovo album d’inediti. In verità, il gruppo già nel 2005 aveva dato qualche segnale di risveglio, grazie a un tour celebrativo (andato sold out ovunque) che come tale escludeva a priori qualsiasi ipotesi legata a nuove produzioni. La notizia di questi giorni, oltre ad essere confermata, riporta in orbita la carriera del gruppo cominciata ufficialmente nel 1984.
La portata artistica dei Dead Can Dance non è soltanto musicale: ogni nota, ogni singola parola, gli arrangiamenti, sono il frutto di uno studio sistematico, volto all’esplorazione di un contesto artistico più ampio. Il misticismo ancestrale delle antiche tradizioni connesse con la cultura dei popoli è il denominatore comune sul quale il duo imposta la ricerca.
La musica dei Dead Can Dance trasporta l’ascoltatore in una dimensione onirica, senza spazio né tempo, dove l’oscurità è solamente un passaggio obbligato verso la luce. Il canto caldo, profondo e baritonale di Brendan Perry si contrappone a quello luminoso ed etereo di Lisa Gerrard. Se Perry predilige una certa epicità nella scelta degli arrangiamenti, Gerrard ama invece cimentarsi in esercizi vocali adagiati su partiture esotiche e magiche; a fare la differenza – nel caso della cantante – l’indiscutibile estensione vocale, liberata tramite lingue non convenzionali come il sanscrito o l’aramaico.
Di volta in volta, misticismo e sacralità si fondono raggiungendo esiti di rara intensità e se gli esordi sono fortemente caratterizzati da sonorità cupe e sepolcrali, il percorso evolutivo del gruppo si compie attraverso forti connotazioni esoteriche, le quali traggono ispirazione dalle tradizioni musicali legate prevalentemente al Medioevo e al Rinascimento. Gli strumenti utilizzati spesso sono rigorosamente d’epoca, mentre i testi trovano nei linguaggi arcaici del periodo il loro naturale compimento.
Ma la musica dei Dead Can Dance è difficilmente classificabile e soprattutto in continuo mutamento, un percorso capace di proiettare l’arte dei suoni dentro i confini della world music; così, le atmosfere sognanti e gli arrangiamenti sinfonici che hanno contraddistinto parte delle loro produzioni si completano nella ricerca etnografica degli ultimi album.
Nel 1996 – come già detto – arriva il canto del cigno: Spiritchaser sancisce la fine del percorso della band. Le carriere soliste dei due, benché avviate, difficilmente sono state capaci di superare o perlomeno raggiungere l’intensità emotiva delle produzioni dei Dead Can Dance. Nel 2012 il ritorno, improvviso quanto inaspettato.
Non resta che attendere.
9 canzoni 9… dei Dead Can Dance
Lato A
• Cantara
• As the Bell Rings the Maypole Spins
Lato B
• Nierika
• Rakim
• Sanvean
Discografia
• Dead Can Dance – 1984
• Spleen and Ideal – 1985
• Within the Realm of a Dying Sun – 1987
• The Serpent’s Egg – 1988
• Aion – 1990
• Into the Labyrinth – 1993
• Toward the Within – 1994
• Spiritchaser – 1996