Alcuni l’hanno definito “fautore di una rivoluzione francese in salsa indiana”. Altri hanno scomodato un paragone con la lotta non violenta del Mahatma Gandhi. Per altri ancora è solo un “nazionalista aggressivo e intollerante”. Anna Hazare, 74enne attivista del Maharashtra (capitale Bombay), è un personaggio destinato dividere l’opinione pubblica indiana. Quella che sta conducendo in questi giorni è di certo una campagna destinata a lasciare il segno nella “maggiore democrazia del mondo” (almeno in senso numerico, visto l’ultimo censimento che registra oltre 1,2 miliardi di cittadini). Hazare, attivista per i diritti umani di lungo corso, sta tenendo in scacco il governo di New Delhi con uno sciopero della fame. La protesta – che va avanti da ormai quasi dieci giorni – apparentemente innocua ma di grande impatto sull’opinione pubblica, tocca uno dei tasti più discussi nell’India di oggi: la corruzione, con il governo federale in carica, guidato dal Partito del Congresso travolto da diversi scandali.

E’ una sfida che già da mesi scuote la nazione: nel gennaio scorso, centinaia di migliaia di persone sono scese in strada per invitare il governo a approntare una legge efficace per combattere il malaffare. Secondo un rapporto del “Political & Economic Risk Consultancy” (PERC), istituto che ha sede a Hong Kong, l’India è infatti fra i paesi più corrotti dell’Asia. Con un indice di 8,67 (l’indice peggiore è 10), il gigante asiatico è accanto a nazioni come Filippine (8.9), Indonesia (9.25) e Cambogia (9.27).

Un risvolto positivo la mobilitazione l’ha dato: una proposta di legge è oggi in Parlamento e il problema della corruzione è tornato fra le priorità nell’agenda politica nazionale. Hazare propone una sua versione (secondo alcuni “draconiana”) della legge, che prevede di istituire una autorità indipendente (detta “Lokpa”), super partes e super potente, che dovrebbe poter indagare e mettere sotto accusa tutti, anche il primo ministro. E ne vuole l’approvazione prima dell’8 settembre, quando inizia la pausa dei lavori parlamentari. Per questo Hazare resta sdraiato su un palco bianco nel centro di New Delhi, con alle spalle una gigantografia del Mahatma Gandhi. Nei giorni scorsi era stato perfino arrestato (con altri mille dimostranti), ma poi subito rilasciato.

La battaglia odierna appare decisiva anche nella sua carriera di “attivista sociale” e per la sua fama di “nuovo Gandhi”. Tanto più per il fuoco di fila dei suoi avversari, come la nota scrittrice indiana Arundhati Roy: “Se pure i suoi metodi possono essere gandhiani, le sue richieste certamente non lo sono”, ha scritto sul quotidiano The Hindu, accusando Hazare di “nazionalismo aggressivo” e di lottare “per il potere”. Roy, inoltre, denuncia che Ong e i più stretti collaboratori di Hazare sono sul libro paga della Coca Cola, di Lehman Brothers e altre multinazionali. Dunque non sarebbero propri “lindi e pinti” nelle motivazioni morali e spirituali.

Al di là delle voci critiche più o meno strumentali, Hazare sembra convito a proseguire la sua battaglia. D’altronde negli anni giovanili ha temprato il suo carattere militando come soldato (arruolato volontario), in tempi di forti tensioni con i potenti vicini Cina e Pakistan. L’incontro con la letteratura gandhiana ha un effetto folgorante su di lui e tanto pesano, nella sua “conversione”, le lezioni di maestri spirituali come Swami Vivekananda (guru indù) e Acharya Vinoba Bhave. Quando Hazare torna nella sua terra diventa l’alfiere dello sviluppo rurale: grazie alla sua opera Ralegan Siddhi, un misero villaggio del Maharashtra, diventa un modello autosufficiente e ecosostenibile. Si realizzano cisterne, canali di irrigazione, contenimento e terrazzamento dei campi per una migliore gestione dell’acqua, pannelli solari e biocombustibile (in parte derivato dalle latrine del villaggio stesso). Oltre alla terra, Hazare, con la sua autorità morale, interviene sulla stessa struttura sociale. Elimina lo status di “dalit” (destinati a essere intoccabili nel rigido sistema castale), lancia la moda dei matrimoni collettivi, crea un Consiglio degli adulti del villaggio. Tutte opere realizzate, secondo i suoi detrattori, con metodi “intrisi di autoritarismo e nazionalismo religioso”: come quando ha imposto la chiusura tutte le distillerie illegali e il divieto sulla vendita e il consumo di alcool e tabacco, pena frustate pubbliche, sul modello “lapidazione”.

Da circa 20 anni Hazare ha spostato la sua crociata sul tema della corruzione, culminata nella campagna per il “Lokpa Bill” (la legge in discussione) che ha mobilitato la società civile indiana. Secondo gli analisti, il governo non potrà accettare la versione della legge proposta da Hazare, che resta rigido sulle sue posizioni e rifiuta ogni compromesso. In questo braccio di ferro, Hazare si gioca 50 anni di lotta in nome dei diritti. Ma la società lo considera un simbolo e si attende perfino l’impossibile.

di Sonny Evangelista

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