“Abbiamo finalmente stabilito che ci dovranno essere le ‘quote rosa’ nei cda delle grandi imprese. Quando istituiremo delle ‘quote giovani’ nell’economia e nella politica?”. La proposta arriva dalle colonne di Avvenire, che ieri ha pubblicato un editoriale, firmato da Luigino Bruni, in cui sollecita i partiti a fissare dei paletti per la rappresentanza degli under 30 negli organismi dirigenti e nelle istituzioni. Secondo il quotidiano dei Vescovi infatti esiste oggi una grande “questione giovanile” mondiale, che è anche una delle cause della crisi, “economica ed etica”, che stiamo vivendo. “Non solo i giovani restano sempre più fuori dal mondo del lavoro ma sono fuori dai luoghi che contano, dai luoghi dell’economia e della politica e delle istituzioni, al punto che abbiamo dovuto inventare associazioni di giovani industriali, di giovani imprenditori, di giovani dei partiti. Come a dire che l’economia e la politica normali sono faccende per vecchi”. Erano giovani i padri del Risorgimento, giovani i protagonisti del ’68, perché non possono esserlo anche i nuovi governanti? “Certo – precisa l’autore dell’articolo – in una società decente non ci sarebbe bisogno né delle quote rosa né delle quote giovani, ma oggi in Italia e in buona parte del vecchio Occidente siamo ancora lontani da questa decenza”.
L’idea però sembra affascinare poco i principali interessati, ovvero i dirigenti dei movimenti giovanili dei partiti. Decisamente contraria Giorgia Meloni, che interpellata cassa la proposta senza troppi complimenti. Secondo il ministro della Gioventù, che guida anche l’organizzazione dei giovani pidiellini, “quello che conta è il merito. Ci vogliono persone capaci indipendentemente dall’età, poi se sono giovani tanto meglio”. Scettico anche Fausto Raciti, che guida gli under 30 del Pd. “Il problema dei giovani in Italia non riguarda solo le classi dirigenti, è una questione complessa che investe in generale la difficoltà ad accedere all’età adulta. Noi Gd poniamo intanto questo problema, dentro al quale c’è anche il tema della rappresentanza”. Sulle quote ha molti dubbi: “Sono uno strumento che potrebbe anche essere utile, ma se poi a decidere non sono i giovani, ma chi già oggi occupa le linee di comando servirebbero a poco. Non mi sembra insomma la soluzione del problema generazionale in Italia”. Altra cosa sarebbe, secondo il segretario dei Giovani democratici, se a gestire le candidature fossero direttamente le organizzazioni giovanili. Più possibilisti i Giovani dell’Idv: “In un Paese che funziona bene non c’è bisogno delle quote né rosa né verdi, perché vige il principio delle pari opportunità – spiega il coordinatore nazionale Rudi Russo – Ma in un paese corporativista come il nostro può servire un espediente come questo sia all’interno degli organi dei partiti sia nelle istituzioni. Ma ricordiamoci che è una scorciatoia, non risolverà la crisi”.