La Commissione affari costituzionali del Senato esamina la manovra economica e nessun esponente del governo si presenta in aula. Nessuno, zero, neanche l’ultimo dei sottosegretari. Tanto da suscitare l’ira del presidente Carlo Vizzini, che pure è del Pdl: “La Commissione intera – scrive in una nota – ha espresso il proprio fermo disappunto e l’assoluto stupore per la circostanza che nessuno dei 60 componenti dell’esecutivo riesce a garantire una presenza anche allo scopo di fornire risposte e spiegazioni ai rilievi mossi da tutti i Gruppi”. Lo stesso Vizzini ha più volte sollecitato la presenza del Governo, dato che la commissione deve fornire l’importante parere di costituzionalità sui contenuto del decreto governativo appena approdato in parlamento.
“L’ingiustificabile assenza costituisce l’ennesimo grave atto d’arroganza di un governo che ormai non c’è più”, s’indigna Pancho Pardi, capogruppo dell’Italia dei valori in commissione. “Non è ammissibile che nemmeno un sottosegretario si sia degnato di seguire i lavori sulla manovra correttiva”. Ieri la Commissione affari costituzionali del Senato ha approvato all’unanimità la relazione favorevole del presidente Vizzini sulla sussistenza dei presupposti costituzionali di necessità e urgenza sulla manovra economica, a eccezione dell’articolo 8, relativo alla contrattazione collettiva, sul quale il parere favorevole è stato approvato a maggioranza. A chiedere il voto separato sul ‘pacchetto lavoro’ era stato il Pd, valutando che per quelle norme sul lavoro non ci fosse il requisito di urgenza. Nella discussione disertata oggi dal governo, la Commissione entra nel merito della costituzionalità di ciascun articolo del decreto.
Intanto nasce un giallo intorno ai documenti pervenuti al Senato. Il senatore democratico Francesco Sanna, componente della Commissione affari costituzionali, si dice convinto che la Relazione illustrativa della manovra approvata dal Consiglio dei ministri sia diversa da quella inviata alla presidenza della Repubblica. Nel suo intervento in aula, Sanna ha fatto notare diverse anomalie. La prima riguarda il contributo di solidarietà sui redditi superiori ai 90 mila euro: il presidente Silvio Berlusconi “ha affermato che il consiglio dei ministri l’aveva approvato per due anni, e non tre come risulta in Gazzetta ufficiale”. In più, ha aggiunto il senatore Sanna, “ci sono ministri che non hanno espresso il loro voto su un provvedimento che li riguardava, per esempio il sistema di monitoraggio dei rifiuti pericolosi (il Sistri, ndr), ma l’hanno saputo dopo, sempre dalla Gazzetta ufficiale” (ascolta l’audio dell’intervento di Sanna in commissione)
Un ulteriore problema sorge sull’articolo 14 della Relazione illustrativa, che regola tra l’altro la riduzione delle Province. “Dalla relazione del governo – scrive il senatore in un comunicato – le Regioni devono ridurre il numero di consiglieri regionali ed assessori, con l’aggiunta, per quelle a statuto speciale, dell’obbligo di sopprimere le piccole Province. Nel decreto legge che il Senato sta esaminando, invece, l’obbligo di sopprimere le Province non c’è, mentre appare una sanzione che non riguarda le regioni ordinarie, ma solo quelle autonome. Se non si farà come dice il decreto, lo Stato non dovrà più assicurare alle regioni autonome ‘il conseguimento degli obiettivi costituzionali di solidarietà e perequazionè previsto dal federalismo fiscale”.
Secondo il senatore del Pd, il pasticcio potrebbe derivare da correzioni apportate fuori tempo massimo, dopo l’approvazione in consiglio dei ministri. “Ho personalmente verificato che la relazione illustrativa della manovra inviata dal governo al Senato è, all’articolo 14, diversa dal decreto legge”, afferma Sanna, “e poiché i dirigenti dello Stato che hanno redatto la relazione non credo si siano inventati il testo su cui hanno lavorato, spero quello deliberato dal Consiglio dei Ministri, qualche manina deve aver successivamente modificato il decreto prima di portarlo alla Presidenza della Repubblica, con buona pace della nostra Costituzione che prevede sia il governo nella sua collegialità ad adottare i decreti legge e non l’ultimo redattore”.
E’ dunque evidente, secondo il senatore Pd, che il “correttore ombra” del decreto legge “si è dimenticato di avvertire non solo i ministri che avrebbero dovuto approvarlo, ma anche gli uffici del governo che lo dovevano illustrare al Parlamento. Del resto siamo in continuità: il governo scrive una manovra (sbagliata) sulla base di una nota confidenziale della Bce non resa nota al Parlamento, e confidenzialmente adotta il decreto legge senza la responsabilità collegiale del Consiglio dei Ministri”.