“Serve un cambio di passo”, è il monito del presidente Napolitano. Il cambio dovrebbe partire dalla tv. Qualcuno potrebbe obiettare che chi scrive è pervaso da una forma maniacale. Si sbaglia. L’Italia è in mano ai peggiori politici della storia della Repubblica. La crisi economica più grave degli ultimi trent’anni. Una corruzione che ha superato quella di Tangentopoli. Disoccupazione dilagante con giovani senza futuro. Giorgio Bocca ha definito B. “un dittatore di nuovo tipo”, che “ha pensato di poter sostituire i plotoni d’esecuzione con il fango della diffamazione e le persuasioni della corruzione”. Tutto questo condito da una barzelletta, una cantatina con Apicella e un bunga bunga.

Ciò sarebbe stato possibile con solo l’uso di qualche quotidiano e alcuni settimanali? No. Con i telegiornali di proprietà e quelli del servizio pubblico manovrati grazie al mai risolto conflitto di interessi e a una legge, la Gasparri, che ha spostato il controllo della Rai dal parlamento al governo, sì. Se tanti giornalisti che lavorano nei tg più seguiti adempissero al loro compito di informare, invece di prendere ordini dal portavoce di turno, probabilmente, il Paese non sarebbe caduto così in basso.

Ho sempre pensato che chiunque svolga il mestiere di raccontare i fatti ha il dovere di essere antigovernativo. Non per criticare a prescindere, ma per stimolare a fare meglio. È quello che ci hanno insegnato con l’esempio i grandi del giornalismo come Biagi, Montanelli, Bocca, Scalfari e i veri commentatori della politica in tv come Emanuele Rocco del Tg2 o Vittorio Orefice del Tg1, mai servili.

La Corte europea dei Diritti dell’Uomo parecchi anni fa ha definito il ruolo dei giornali e dei giornalisti: “Sono i cani da guardia della democrazia e delle istituzioni”. Da noi, in particolare in tv, non sembrerebbe. Qualche giorno fa ho visto un servizio in onda al Tg2 (autore Simone Turchetti), dedicato alla proposta del governo di spostare i giorni di festa: 25 aprile (Liberazione dal nazifascismo), Primo maggio (del Lavoro), 2 giugno (della Repubblica) e dei santi patroni. Turchetti ha liquidato l’iniziativa come il tentativo di “sconfiggere l’abitudine di chi lavora di approfittarne per una mini vacanza”, portando alla causa un miliardo e mezzo di euro.

Nessun riferimento a ciò che quelle giornate rappresentano: valori, ideali, il sacrificio di tanti italiani e l’ennesimo tentativo di cancellare dalla memoria il 25 aprile. Il cane da guardia della democrazia del Tg2 si è chiesto perché Obama (gli Stati Uniti non stanno meglio di noi), non ha messo in discussione il 4 luglio, la festa dell’Indipendenza?

Il Fatto Quotidiano, 24 agosto 2011

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