Ci eravamo lasciati, qualche mese fa, con una polemica furibonda e un giudizio sospeso. Avevo scritto ben due articoli sul paradosso della Fiat Freemont: un macchinone preparato in fretta e furia dagli uomini del marketing marchionniani, ripecettando con i loghi della Fiat una vecchia carrozzeria della Dodge-Chrysler. A quella macchina era stato cambiato il motore, creando un capolavoro produttivo dell’era globale: un Jtd prodotto in Italia, trasportato in giro per l’Atlantico fino al Messico, e riportato in Italia nella nuova carrozzeria. Avevo raccontato questo viaggio come un paradosso, nel tempo in cui si chiudeva lo stabilimento di Termini Imerese dicendo che era molto lontano dall’Italia. Dopo quel pezzo, su questo sito e su lucatelese.it si era sollevato un coro furibondo di messaggi: chi diceva che di auto non capisco nulla, chi mi diceva che ero anti-patriottico, chi mi accusava di boicottare Marchionne per antipatia politica.

Ebbene, questa mattina é uscito il numero di Quattroruote di settembre, con il suo corredo di sentenze oggettive e inoppugnabili: i dati di vendita. Malgrado una imponente campagna di lancio, malgrado l’offerta regalo della selleria in pelle che veniva fornita gratis  (anzi, sottocosto rispetto al listino) a chi faceva l’ordine nel primo mese, Freemont é rimasto drammaticamente al palo: ha venduto, cioè, 1.954 esemplari a luglio, e 3.060 dal suo lancio. Il dato andrá forse ponderato ulteriormente, visto che molti concessionari, per poter continuare ad offrire lo sconto, hanno marcato delle chilometri zero in più. Per chi volesse avere un riferimento che aiuti a capire quel numero eccolo: secondo Quattroruote il mercato dei Suv e fuoristrada conta 170.483 esemplari venduti. E, nella stessa categoria, ci sono due modelli che furoreggiano: il Nissan Qashqai (2.524 pezzi venduti) e la Dacia Duster (2.397).

Ora, a scanso di equivoci, vorrei dire che se il Freemont in questa classifica fosse primo, io sarei più contento, perché – malgrado tutto – mi spiace che in Italia venda di più un Suv romeno (!) che una macchina Fiat. Ma questo dato di vendita dovrebbe far riflettere su un fatto: la gente, quando compra, sa bene quello che fa. E – malgrado le recensioni entusiastiche che abbiamo segnalato – un macchinone americano con uno stemma Fiat non diventa, per magía, una Fiat. Resta un gipponne-marchionne. Magari molto conveniente nel prezzo:  ma pur sempre un “gipponne”. Che cosa ha funzionato, invece? Beh, basta guardare la classifica delle “piccole”. Senza bisogno di offerte te-la-tiro-dietro, la Lancia Ypsilon ha venduto 5.436 esemplari. Se volete un riferimento, questo mese ha sorpassato – ed è un dato clamoroso – la Fiat 500. È, insomma, la terza macchina più venduta in Italia (dopo la Punto e l’inossidabile Panda) confermando le straordinarie performances della sua progenitrice.

Questa estate, in Sardegna, ho noleggiato una Ypsilon. Basta guidarla mezza giornata per capire gli ingredienti di questo successo. Montando lo stesso pianale della 500, e con un ingombro pressocché identico, i designer della Ypsilon sono riusciti a inventarsi cinque sportelli. Il che, vi assicuro, avendo un bambino da scarrozzare al mare, materassino, ombrellone e accessori, fa una bella differenza. Gli interni sono eleganti e rifiniti, il disegno della carrozzeria, a mio modesto avviso, molto bello. Quando vedo quel portellone posteriore, magari incolonnato davanti a me nella strada per Stintino, godo, perché anche l’occhio vuole la sua parte. Qui andrebbero aggiunti due particolari decisivi: il gioiellino creato e coccolato come un figlio dall’Ad Lancia, Olivier Francois, doveva essere prodotto originariamente in Italia. Ed era pronto ad essere commercializzato la bellezza di un anno e mezzo fa. Il lancio, cioé, é stato inspiegabilmente ritardato, al pari di altri modelli desaparecidos progettati per tempo, e mai messi in produzione dalla Fiat. Basta pensare alla famosa monovolume, alla Orso, alla 500 giardinetta, alla Topolino (che dovrebbe rivaleggiare con la Smart, con la Iq e con una piccola wolkswagen). Tutte macchine giá progettate, queste nuove Fiat, ma tenute chiuse nei cassetti per risparmiare i soldi delle campagne di lancio e contenere le spese facendo le nozze con i fichi secchi.

Alla Fiat quindi manca una erede della Multipla e della Croma, manca addirittura una station vagon dai tempi della Stilo (c’é solo un modello di alto prezzo con la Alfa Sportwagon!), manca – nientemeno – una ammiraglia. La cosa che mi spaventa é l’idea che per colmare questo vuoto si pensa a mandare nei concessionari un’altra ripecettatura, la Chrysler 300, che sará (molto generosamente) ribattezzata Lancia Thema. Adesso, se c’é una lezione che viene dalla Ypsilon non é che “il lusso é un diritto” (come dice  fortunato e provocatorio slogan della campagna), ma che la bellezza é un segno distintivo dell’identità italiana. Un giorno, in una delle sue esternazioni dei tempi d’oro, Silvio Berlusconi sparó una corbelleria sesquipedale, sostenendo che si sarebbe dovuta ribattezzare la Punto “Ferrari Young”, apponendo il marchio del cavallino sulla carrozzeria dell’utilitaria torinese.

Se ci pensate é la stessa filosofia della “ripecettatura” realizzata cinque anni dopo  dall’uomo con il pullover a girocollo. La lezione della Ypsilon é esattamente il contrario: vince il design, vincono le idee, vince la sostanza dello stile italiano. Freemont pare disegnata da un taglialegna. La Chrysler 300 pare un’auto delle pompe funebri, Musa, Delta e Ypsilon sono macchine sexy, secondo la nostra migliore tradizione. Non si esce dalla crisi con i tarocchi. Se ne esce con i prodotti. Capito Sergio?

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