Nouriel Roubini è l’economista che per primo ha previsto la crisi economica del 2008. All’inizio lo prendevano anche un po’ in giro. Quando poi la crisi è arrivata è diventato una star per i giornali economici di mezzo mondo. Ora tutti gli chiedono previsioni sul futuro dell’economia: dal Financial Times, al Wall Street Journal, fino al nostrano Sole 24 Ore.
Quando qualche giorno fa ha spiegato a un giornalista del Wall Street Journal la sua opinione sulla crisi (i pericoli, ma anche la via d’uscita) il giornalista ormai sveniva nel sentirgli dire che bhe… sì Karl Marx c’aveva azzeccato e per come è programmata la macchina capitalista è inevitabile che, prima o poi, si autodistrugga. Non solo. L’incauto economista si è anche spinto ad affermare che i mercati non funzionano. Il giornalista era talmente incredulo da fargli ripetere la cosa prima di svenire sulla sedia.
Questa citazione di Marx ha purtroppo coperto gli altri argomenti affrontati per capire meglio cosa sta succedendo all’economia e, sopratutto, come uscire dalla crisi. In particolare Roubini ha spiegato come:
E’ una specie di paradosso in cui ognuno ha la libertà di fare scelte, ma le scelte che sono razionali per ciascuno (per es. risparmiare per le imprese e i governi) diventano irrazionali per tutti quanti. Controproducenti addirittura: con il rischio di scivolare non solo verso una ricaduta in una crisi come quella del 2008, ma in una vera e propria depressione come quella del 1929. Non è detto che succeda, ma è probabile che accada.
A meno che…
A meno che non ci si avvi verso quella cosa che Roubini chiama “ristrutturazione del debito” e che significa rinegoziazione. A ogni livello: delle famiglie, delle imprese, e dei governi. Questa è l’unica decisione sensata per evitare quelle immagini, come quelle nel video qui sotto, che tentiamo di rimuovere dalla nostra memoria perchè sembrano troppo lontane nel tempo. E anche troppo forti da sopportare.
Ma della Grande Crisi i quarantenni di oggi ne hanno sentito parlare dai nonni. Davvero siamo così sordi dal cancellare la memoria di quei racconti? Non possiamo – per una volta – trasformare quelle storie in un invito a agire per uscire dall’impotenza rispetto a quel che ci sta succendendo?
Troppi anni di viagra televisivo (e non solo) ci hanno drogato il cervello. Ripartire dai ricordi dell’infanzia, forse, può aiutarci ad ascoltare il cuore. Che di viagra non ha bisogno. E magari è in grado di prendere quelle decisioni sagge che il razionalismo esausto non riesce a intravedere. Ma che ci sono. A saperle scorgere.