La compagnia low cost di O'Leary sospende i collegamenti con la capitale francese e il Verdi finisce quarto tra gli aeroporti della Regione con poco più di 230mila passeggeri in transito (il Fellini di Rimini ne ha 550mila, il Ridolfi di Forlì 640mila e il Marconi di Bologna 5milioni e mezzo). Crisi strategica a cui si aggiunge la fallita ricapitalizzazione della So.Ge.A.P., che gestisce lo scalo parmigiano, da parte di un fondo d'investimento austriaco.
Non che il collegamento con la capitale francese fosse dei migliori: frequenza nei soli lunedì e venerdì, partenza da Parma alle 11e40 ma da Beauvais alle 9.30, quindi levataccia all’alba per percorrere gli ottanta chilometri che separano Beauvais dal centro di Parigi. Ma si sa, la febbre Ryanair è stata contagiosa. A metà anni duemila, ospitare i voli dell’eclettico Michael O’Leary significava essere alla moda, concorrere nel settore low cost, con le strabilianti proposte della compagnia a basso prezzo per antonomasia.
Filosofia del volo a pochi euro, ma che nei fatti, per i portafogli, significa aggiungere euro su euro per i bagagli che eccedono i quattordici chilogrammi, per un pacchetto di noccioline o un bicchiere d’acqua in volo, nonché per i collegamenti a terra tra gli aeroporti d’arrivo e le città da raggiungere (oltre a Beauvais citiamo Girona per Barcellona).
A Parma, comunque, l’alternativa “low” non deve aver funzionato come programmato. E l’aeroporto Verdi rimane così quarto in classifica con i suoi striminziti 238.812 passeggeri l’anno (nel 2010), tra i quattro aeroporti della Regione. Il Marconi di Bologna (l’unico sovvenzionato dalla Regione Emilia-Romagna) svetta al primo posto con una quota passeggeri in transito di 5 milioni e mezzo, segue il Ridolfi di Forlì con 640mila, terzo è il Fellini di Rimini con 550mila.
Così come il Ridolfi e il Fellini sembrano essere diventate una specializzata succursale della Bielorussia o della Federazione Russa con un allargamento anche ai charter provenienti dall’Est Europa, e come il Marconi sembra aver assorbito l’inserimento di parecchie compagnie low cost tra gli storici colossi internazionali dell’aria, il Verdi di Parma sta precipitando verso un glorioso anonimato strategico.
Impossibile diventare il terzo scalo milanese (troppi i cento chilometri di distanza), improbabile riuscire a concorrere sullo stesso terreno di mete e prezzi del Marconi, l’aeroporto parmigiano che compie quest’anno vent’anni sta lentamente riducendo il suo spazio d’azione e riducendo la concorrenzialità della sua offerta.
Del resto perché, per esempio, un modenese o un reggiano dovrebbero spendere una sessantina di euro per il Ryanair parigino che tra bibite, trasporti e bagagli arriva attorno ai duecento euro, quando al Marconi l’Air France propone un volo sui 240 euro anche in pieno agosto?
Risulta molto complicata la gestione economica e la convivenza dei quattro scali in Emilia Romagna. Senza dimenticare che la stessa Ryanair ha già puntato con decisione al Marconi per fare concorrenza all’Alitalia nei voli con il centro e il sud della penisola, come per la Spagna e il centro Europa; e al Fellini per l’Inghilterra.
La parola ora spetta alla società di gestione del Verdi, la So.Ge.A.P. Già nel 2008 ad annaspare con oltre 4 milioni e 525mila euro di perdite, parzialmente rintuzzate con la ricapitalizzazione dal fondo d’investimento austriaco della Meinl Airports International Ltd di proprietà della Meinl Bank, a sua volta ricredutosi dell’affare con un piano d’uscita dalla società aeroportuale parmigiana entro il 2014.