Il principio ispiratore è lodevole. Tutti i territori devono fare la loro parte per la risoluzione definitiva dell’emergenza rifiuti in Campania. Ma a chi può venire in mente l’idea di aprire una minidiscarica nella baia di Ieranto, perla naturalistica che affaccia sul mare di Massa Lubrense, o nella Marina di Puolo, a pochi passi dagli stabilimenti balneari, due zone ricadenti nell’area marina protetta di Punta Campanella? E perché certe trovate maturano ad agosto?

Intanto, il nome dell’Archimede: è il presidente Pdl della Provincia di Napoli, Luigi Cesaro, parlamentare berlusconiano che si è vantato di rifornire il premier di mozzarelle freschissime, nel cui mega albergo di famiglia a Sant’Antimo il Milan un paio di anni fa ha trascorso il ritiro prepartita prima di sfidare il Napoli. Insieme all’assessore all’Ambiente Giuseppe Caliendo, Cesaro ha diviso la provincia napoletana in più ambiti, all’interno dei quali concertare impianti, siti, forme e modi per un corretto ciclo di smaltimento dei rifiuti.

E secondo la bozza dell’accordo di programma, riservato ai comuni dell’area sorrentina e stabiese, nella zona sono state individuate 28 cave dismesse dove conferire il “compost” fuori specifica prodotto dalla lavorazione dei rifiuti locali negli Stir. Di queste, 5 cave ricadono a Vico Equense, 3 a Sant’Agnello, 2 a Meta e 11 a Massa Lubrense, di cui un paio nelle aree di gran pregio ambientale. Si trovano nel cuore di una costiera sorrentina da oltre 3 milioni di presenze turistiche annue, secondo i dati raccolti dall’Azienda di Soggiorno e Turismo di Sorrento.

Gian Michele Orlando, sindaco di Sant’Agnello, paese confinante con Sorrento, alla lettura dell’accordo di programma ha lanciato l’allarme, si è letteralmente infuriato e ha invitato i colleghi primi cittadini del comprensorio alla rivolta: “Sicuramente anche la costiera deve concorrere alla risoluzione del problema, ma non al prezzo di una sicura morte turistica e di un pesante stravolgimento ambientale che ci trasformerebbe di fatto in una vera e propria discarica e non tiene assolutamente conto della naturale vocazione di questo territorio che fonda la sua economia sul turismo”. Orlando non ha però raggiunto il picco del senatore azzurro Raffaele Lauro, un sorrentino Doc, già capo di gabinetto dell’ex ministro Claudio Scajola durante il penultimo governo Berlusconi: “Quella di Cesaro – ha detto Lauro – è una follia”.

Un blitz agostano, di quelli che si tentano sperando che ferie e caldo distraggano gli amministratori locali per metterli di fronte a un fatto compiuto. Ma Orlando non era in ferie, e la sua levata di scudi ha avuto l’effetto di far battere Cesaro in ritirata. “I sindaci possono stare tranquilli, sarebbe impensabile individuare lì i siti – ha dichiarato il presidente della Provincia di Napoli – un aspetto che chiariremo a settembre, quando ci sarà il tavolo di confronto. In una zona di gran pregio come questa non potremo mai fare le stesse cose fatte in altre zone”.

Allora chi ha scritto quel documento? “E’ stato preparato dai tecnici sulla scorta delle mappe regionali delle cave dismesse, ma in quelle cave i rifiuti non andranno mai”. Tanto rumore per nulla? No. Perché c’è un precedente che induce i sindaci sorrentini a continuare a tenere alta la guardia. A chi sarebbe mai venuto in mente di aprire una discarica nel cuore di un’area protetta e vincolata come il Parco Nazionale del Vesuvio? A Guido Bertolaso. E ci riuscì: cava Sari è attiva da tre anni, tra Terzigno e Boscoreale, e ingoia i rifiuti indifferenziati di mezza provincia, dopo aver assorbito a lungo anche quelli di Napoli. Anzi, nel Parco del Vesuvio Bertolaso voleva aprirne una seconda, da circa 3 milioni e mezzo di tonnellate di capienza.

Contro l’annunciata inaugurazione di Cava Vitiello, le popolazioni locali insorsero fino alla guerriglia urbana. E la seconda discarica venne cancellata per legge.

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