Negli ultimi 20 mesi, ha rivelato il Wall Street Journal, la combinazione recessione/timori di default ha indotto un crescente numero di greci a ritirare i propri depositi. Molti imprenditori investono nella vicina e accogliente Bulgaria. Altri mettono i propri risparmi al sicuro nelle banche estere
Non c’è pace per la Grecia, nemmeno dopo l’accordo di salvataggio del luglio scorso che ha sancito il default selettivo dei titoli di Stato ma anche l’impegno europeo a non abbandonare la più disastrata economia del Vecchio Continente. Chiamata a fare i conti con una persistente recessione ulteriormente aggravata dai tagli alla spesa imposti da Bruxelles, la nazione ellenica si trova ora ad affrontare un nuovo, gravissimo, problema: la fuga dei capitali dal settore bancario.
Negli ultimi 20 mesi, ha rivelato il Wall Street Journal, la combinazione recessione/timori di default ha indotto un crescente numero di greci a ritirare i propri depositi. In altre parole, se da un lato i correntisti temono per il futuro dei propri risparmi (le banche greche sono in Europa di gran lunga le più esposte ai titoli di Stato di Atene con perdite potenziali sul selective default stimate a luglio in 9 miliardi di euro), dall’altro lato la persistente recessione ha costretto molti consumatori a fare ricorso alle proprie riserve bancarie per finanziare la spesa primaria. Solo che, così facendo, gli stessi clienti delle banche finiscono per indebolire ulteriormente il settore, riducendo il credito disponibile per le imprese e deprimendo ulteriormente l’economia reale. Insomma, l’ennesimo circolo vizioso caratterizzato dall’equazione “austerity=recessione” che tormenta il Paese dallo scoppio della crisi ad oggi.
Dopo l’adesione all’euro nel 2001, le banche greche erano state letteralmente inondate di nuovi depositi raggiungendo un picco di 238 miliardi totali nel settembre 2009. Nel gennaio 2011, con l’inversione di tendenza ormai più che conclamata, la cifra era scesa a quota 206. Nel giugno di quest’anno, data dell’ultima rilevazione disponibile da parte della banca centrale ateniese, il livello era sceso ulteriormente a 188 miliardi. Nelle ultime settimane, sottolineano gli analisti, il fenomeno è andato stabilizzandosi. Ma un peggioramento della situazione economica generale potrebbe costituire una nuova spinta alla fuga dei capitali. Un esodo, quest’ultimo, che spesso finisce con il trasferimento del denaro non tanto nel mercato locale (alimentando quindi una ripresa o per lo meno un sostegno dei consumi) quanto piuttosto all’estero dove la tassazione è spesso più clemente. Il fenomeno, in altre parole, starebbe favorendo implicitamente l’evasione fiscale, un problema cronico per il sistema Paese ellenico.
Ma dove vanno a finire i capitali greci? Una prima risposta l’ha offerta oggi l’agenzia Bloomberg chiamando in causa il caso emblematico della Bulgaria, ad oggi il Paese più povero dell’Ue, ma anche una nazione caratterizzata da un’economia in crescita e da un regime fiscale favorevole. Le politiche di innalzamento delle imposte e dei tagli alla spesa pubblica promosse dal premier ellenico Papandreou, starebbero inducendo svariate compagnie greche ad emigrare presso Sofia e dintorni. Tra queste la Coca-Cola Hellenic Bottling e la Hellenic Petroleum. La Bulgaria, sottolinea ancora Bloomberg, dovrebbe chiudere il 2011 con un tasso di crescita del Pil pari al 3,6% con un ulteriore miglioramento l’anno successivo (più 4,1%). Nel corso di quest’anno, prosegue l’agenzia, circa 800 compagnie greche si sarebbero registrate in Bulgaria, molte di queste trasferendo il proprio domicilio nel centro di Blagoevgrad, appena 70 chilometri oltre il confine. L’economia greca, stima il WSJ, si contrarrà su base annuale del 5% entro la fine del 2011 contro una previsione iniziale del 3,8%. Nel primo trimestre 2011, il tasso di disoccupazione in Grecia ha toccato il 15,9%.
Quanto all’evasione fiscale, c’è poco di cui rallegrarsi. Secondo Platon Monokroussos, capo divisione ricerca sui mercati finanziari presso Eurobank EFG, citato oggi dal Wall Street Journal, un certo numero di cittadini greci avrebbe già messo al sicuro il proprio denaro nelle banche di Cipro, Lussemburgo, Svizzera e Regno Unito. Un comportamento, verrebbe da aggiungere, favorito dalla scarsa credibilità delle autorità greche nel prevenire e sanzionare tali comportamenti. Lo scorso anno, contravvenendo a quanto dichiarato in campagna elettorale, il governo socialista di Papandreou ha approvato l’ennesimo scudo fiscale della storia greca con l’obiettivo di recuperare un paio di miliardi nel prossimo biennio. Si stima che nell’ultimo decennio i cittadini ellenici abbiano sottratto illegittimamente allo Stato circa 35 miliardi.