Meno 60 milioni di euro in due anni. E’ quanto annuncia il primo cittadino di Modena, Giorgio Pighi, come conseguenza della manovra estiva del Governo. E se la città emiliana pensa di compensare con l’aumento dell’addizionale Irpef, tagli ai servizi e introduzione della tassa di soggiorno, la Cna di Modena propone invece di cedere le azioni di Hera e venderle ai cittadini per dar vita ad un azionariato diffuso.

«Il sacrificio richiesto agli enti locali – afferma Antonio Altiero, presidente della Cna comunale del capoluogo – rappresenta il lato peggiore di un federalismo che sta per finire seppellito dalle tasse che esso stesso prevede. In questo contesto è addirittura paradossale che un’amministrazione come quella di Modena non possa utilizzare i soldi in cassa per pagare i fornitori avendo, teoricamente, maggiori capacità di spesa grazie ai bassi livelli di indebitamento. Ma al di là delle comprensibili difficoltà in cui versano i Comuni, riteniamo che sia possibile individuare azioni in grado di mitigare l’impatto della manovra su cittadini e imprese».

Il primo intervento, uno dei più importanti, dunque, è la cessione delle azioni delle multiutilities, Hera nel caso specifico di Modena. «Un’azione necessaria per diverse ragioni. Innanzitutto per raggranellare liquidità, ma anche per accedere ai fondi previsti dalla manovra per finanziare infrastrutture locali, un “bonus” concesso alle amministrazioni che alieneranno le proprie partecipazioni».

Ma Cna ha anche in mente a chi vendere queste azioni: ai cittadini modenesi, che potrebbero essere opportunamente incentivati all’acquisto. «Una sorta di azionariato diffuso che ci dia la possibilità di realizzare un’effettiva azione di controllo dell’ex municipalizzata». Una strada dettata dalle necessità economiche, dunque, ma anche l’opportunità per sanare l’annoso problema del conflitto fra “controllore e controllato” che ogni anno viene a galla quando si tratta di scegliere fra utili della multiutility e costo del servizio per il cittadino/impresa.

Poi c’è il capitolo della cessione degli immobili, che può rappresentare una strada utile sia per il bilancio che per il recupero di aree dismesse, in particolare quelle demaniali. «Di certo – continua Altiero – serve prendere in considerazione ogni altra eventualità prima di ricorre all’incremento dell’addizionale Irpef, idea che non ci trova d’accordo. Così come disapproviamo l’ipotesi di introdurre una tassa di soggiorno, pure contemplata fra le poche azioni adottabili. Modena sta facendo un grosso sforzo per reinventarsi anche sotto questo profilo: la futura apertura del museo Enzo Ferrari, il tentativo di rilancio del marketing territoriale come visione integrata delle opportunità comunali e provinciali hanno bisogno di sostegno e non di penalizzazioni. In questo contesto sarebbe senz’altro utile pubblicizzare Modena come una città da visitare “senza balzelli”».

Di certo, senza modifiche strutturali della macchina pubblica, sia a livello centrale che locale, ogni intervento rimane fine a sé stesso. «Continuiamo a credere che le esternalizzazioni rappresentino un concreto strumento di razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica, senza rinunciare al controllo e alla qualità dei servizi. Dagli asili alle manutenzioni, dai servizi interni alla macchina comunale, al verde pubblico. Una strada da seguire come è stato fatto per le farmacie».

Altre proposte non mancano. Sul fronte della sburocratizzazione, ad esempio «Per ciò che riguarda la semplificazione – osserva Altieroche non costa nulla e non incide sui bilanci, abbiamo chiesto l’adozione dei una carta dei diritti delle imprese, ma finora la risposta è stata zero da 47 comuni su 47. Abbiamo anche suggerito la proposta di dimezzare gli oneri necessari per la ristrutturazione dei locali nel centro da adibire ad attività commerciali od artigianali (oneri che possono arrivare a diverse migliaia di euro e la cui diminuzione sarebbe compensata dal maggior numero di interventi), ma anche in questo caso nessuna risposta».

«Ci auguriamo – conclude il presidente della Cna comunale – ci auguriamo che l’Anci e tutti i sindaci riescano ad ottenere un forte ridimensionamento del pesante carico di questa manovra». Con il rischio che non sia l’unica: basti pensare che tra il 2011 ed il 2015, secondo alcuni calcoli – tra rincari delle imposte esistenti ed introduzione dell’Imu, il contributo alla fiscalità locale potrebbe superare i mille euro a famiglia, valori che potrebbero essere anche più alti per i lavoratori autonomi e gli imprenditori. «Il lato peggiore del federalismo», chiosa Altiero.

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