Molte persone mi chiedono se questo sarà davvero un autunno caldo. Ma è da almeno due anni che la stagione politica italiana è calda, anzi bollente. Probabilmente il risveglio della cosiddetta “società civile” è partito il 5 novembre 2009 con il No Berlusconi Day, che ha dato il la ad una serie di manifestazioni e a tanti presidi piccoli e grandi. Tutti sull’onda di qualche malefatta o tentativo golpistico di questo governo. Adesso però nell’aria c’è qualcosa di diverso. Che non fa riferimento solo a “questo” governo, ma all’essenza stessa delle regole democratiche che guidano le nostre democrazie occidentali. Il riferimento è agli Indignati spagnoli, greci e portoghesi e all’esperienza islandese.

E sembra che tutti se ne stiano accorgendo, meno chi pratica la politica ufficiale e chi la racconta.

I primi, i partiti, sono spesso presi dai loro problemi autoreferenziali. Vedi il Pd con la questione morale, Sel con la mancanza di una vera progettualità o Idv con un partito che vuole aprirsi ed essere meno “dipietrocentrico”. E stanno rinchiusi nelle loro stanze a decidere per i cittadini, senza che gli passi per la mente di ascoltare la voce popolare. E dire che anche recentemente (leggi voto referendario) noi cittadini un segnale chiaro e forte l’abbiamo dato. Ma niente, fanno orecchie da mercante.

I secondi, gli analisti politici, sembrano non avere il coraggio di alzare lo sguardo e di vedere quello che sta accadendo anche in Italia, che sicuramente condizionerà i prossimi mesi di mobilitazioni. E continuano a descrivere le stanze della politica dei palazzi, facendo finta che fuori non stia accadendo nulla.

Sono stato alcuni giorni in Spagna e ho constatato con mano che si sta mettendo in cantiere una vera e propria rivoluzione che parte dai comportamenti e dalle metodologie e agisce in profondità. Lì si stanno rimettendo in discussione i principi stessi che hanno guidato le mobilitazioni precedenti, a partire dal lessico: parole come “felicità” sono entrate in pianta stabile nei dibattiti. Il tutto avviene in maniera molecolare sfruttando le assemblee. Dal paesino più piccolo al quartiere più importante della capitale, si svolgono in continuazione assemblee popolari nelle quali lo scopo non è prendere “decisioni a maggioranza”, ma ascoltare e capire le ragioni degli altri e mettere mano a una serie di proposte condivise e vicine ai bisogni dei cittadini. E tutto è partito dalla grande manifestazione del 15 maggio.

Ecco la scommessa che ci accingiamo ad affrontare organizzando le giornate del 10 e 11 settembre. Sarà il tentativo di non ripetere un autoreferenziale e gratificante cerimoniale di “protesta”, con l’impegno a decidere insieme, tutti insieme, nelle assemblee preliminari, il tipo di manifestazione che vogliamo preparare.

Non è il momento di tirarsi indietro, bisogna che prendiamo con le nostre mani le nostre battaglie e portiamo avanti una vera e propria rivoluzione dolce, seguendo la strada che ci ha indicato negli anni passati Alex Langer: “Più lentamente, più in profondità, con più dolcezza”, era il suo motto contrapposto al motto olimpico di Coubertin, citius, altius, fortius. Lo possiamo fare se siamo tutti insieme, attorno alle medesime parole d’ordine degli Indignati europei: non ci stiamo a essere considerati “merce da politici e banchieri” e non ci sentiamo rappresentati da questo sistema politico.

Per questo è importante ritrovarci tutti a Roma, anche nella fase preparatoria (mercoledì 31 agosto dalle 19 in poi davanti alla statua di San Francesco di piazza San Giovanni), per decidere insieme la strada della rivoluzione dolce.

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