Lo abbiamo chiamato “Comitato 30 Settembre” ed entro quella data vogliamo aiutare a raccogliere le 500 mila firme necessarie perché gli italiani possano pronunciarsi sull’attuale legge elettorale attraverso un referendum.

So che il ritorno al mattarellum non è la medicina ai mali che affliggono l’Italia, ma è un segnale chiaro che va dato.

Intendiamoci. Sappiamo che l’attuale legge elettorale non piace ai più, per lo meno a coloro che intendono le leggi elettorali come un modo attraverso il quale il cittadino può esprimere una scelta chiara. La precedente non era il massimo e in molti dicono che costringeva a coalizioni instabili. Sono d’accordo. Ma almeno con quella legge elettorale si potevano scegliere le persone, direttamente, indicando il loro nome, mentre con quella attuale avvalliamo le scelte delle segreterie e i parlamentari eletti non sentono un vincolo con gli elettori ma con coloro che li hanno nominati.

Altri sostengono che non potevano votare per il loro partito direttamente ma per qualcuno della coalizione che magari non apparteneva al proprio partito. Basterebbe fare le primarie di collegio prima delle elezioni e il problema sarebbe risolto alla radice.

Quindi? Quindi il referendum. Almeno per dare al cittadino la possibilità di scegliere.

Cosa spero? Spero che le firme vengano raccolte e che questo diventi un segnale chiaro perché i partiti, che costituzionalmente debbono concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale, si industrino per una nuova legge elettorale che garantisca stabilità di governo e piena libertà di scelta agli elettori.

E se non ce la fanno e si va a votare? Votiamo. Ci riprendiamo, come cittadini, il diritto di scegliere. Ai partiti si chiederà di arrivare con programmi certi alle elezioni, sopratutto sulle questioni complesse.

Se poi oltre alle legge elettorale si volesse pensare a una riforma del sistema dei partiti, sarebbe ora. Mi spiego. I partiti sono previsti dalla costituzione e ricevono soldi pubblici tramite i rimborsi elettorali. Sono fondamentali per la vita democratica del nostro paese. Sono organismi chiave. Se così è non possiamo pensare che non rispondano a dinamiche chiare, previste con legge, per il loro funzionamento interno e per la nomina delle loro classi dirigenti. Gestendo soldi pubblici non basta parlare di trasparenza ma quella trasparenza deve essere prevista per legge.

La nostra storia più recente ci dimostra che è meglio sia così.

Molte conformazioni sociali ed economiche hanno statuti e dinamiche interne previste per legge. È ora che la nostra democrazia compia un ulteriore passo verso la maturità e lo inizi a prevedere anche per i partiti. Si parla da tempo di primarie interne, di selezione di classe dirigente, di rendicontazioni trasparenti. Perché non pensiamo che insieme ce la si possa fare? L’indignazione generalizzata contro la politica che in questo momento fa male al nostro Paese è dovuta in parte anche al fatto che i cittadini vedono i partiti come oscure organizzazioni che non la raccontano giusta.

Sarebbe una bella battaglia da fare e da vincere.

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