Madonna conquista il Lido, ma la questione è un’altra: il suo W.E. l’ha davvero diretto lei? Siate buoni, leggete fino alla fine…

Si parte dalla leggendaria storia d’amore tra Edoardo VIII, David per gli intimi (James D’Arcy), e l’americana Wallis Simpson (Andrea Riseborough): come sappiamo, il matrimonio porterà all’abdicazione del nuovo Re d’Inghilterra in favore del fratello Bertie alias Giorgio VI, che a differenza de Il discorso del re è qui succube della moglie arpia, dichiaratamente noioso, abbastanza inetto e tartagliante senza rimedio. Ok, è un comprimario, quasi un figurante, ma per trovare qualche reale motivo d’interesse in W.E. bisogna scrutare negli angoli più riposti, tipo questo Bertie agli antipodi di quello premio Oscar di Colin Firth.

Comunque, alla Storia fa seguito, anzi si intreccia, la storia di una Wally contemporanea (Abbie Cornish), che nella New York di fine anni ’90 si dibatte tra un marito fedifrago e manesco, il desiderio di maternità e il vigilante di origine russa Evgeni (Oscar Isaac): a far da ponte l’asta da Sotheby’s dei resti del W.E. (il noi di Wallis ed Edoardo), che Wallis visita e rivisita, facendo di guanti, tazzine, portasigarette la miccia per la rievocazione dell’amore più grande del XX secolo.

A dar retta alle cronache, Wallis Simpson è stata malvista, attaccata, vilipesa urbi et orbi: pluri-divorziata, non particolarmente bella, eccetera, il suo amore fu per lo più inteso quale reato di lesa Maestà. Vi pare che l’americana Madonna potesse esimersi dal cancellare questa damnatio memoriae, dal ridare a Wallis quel che fu di Wallis ed Edoardo?

No, ed eccola dietro la macchina da presa di W.E., fuori concorso al Lido: è lei la star per eccellenza della 68esima edizione, che il film sia dimenticabile poco importa. In effetti, dimenticabile lo è: fotografia leccata più che laccata, regia iperconvenzionale, dialoghi e situazioni della “piccola storia” sul precipizio del risibile, e la sensazione brutta e costante del deja-vu, al netto della Storia raccontata.

Che si salva? Ovviamente, la musica, con i Sex Pistols ucronicamente ballati da Wallis. Tutto il resto è noia o poco meno, con una Abbie Cornish a mezzo servizio, una sceneggiatura che eufemisticamente va a singhiozzo e un finale a tirar via.

Ma il problema è un altro: il film è di Madonna o piuttosto del co-sceneggiatore Alek Keshishian? Perché il “buon” Alek diresse già A letto con Madonna, e qui cita pure l’altra sua regia Amore e altri disastri (2006), da dove vengono pure il direttore della fotografia Pierre Morel, il compositore Alexandre Azaria, il montatore Nick Arthurs, la scenografa Alice Normington, l’arredatrice Barbara  Herman-Skelding e il costumista Michele Clapton. Nessuno di questi, tra parentesi, figurava nella crew della precedente regia di Madonna, Sacro e profano (2008): quindi? Il sospetto di una regia delegata è più che legittimo, anzi, rasenta la certezza. Ma siamo buoni, e diciamo che al massimo Madonna potrebbe sempre dire: “L’abbiamo diretto W.E., pardon, noi”.

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