In questo difficilissimo periodo economico, in cui la crisi dilania l’intero Paese, si vincono le elezioni garantendo l’eliminazione di tasse più o meno indispensabili per garantire i pubblici servizi (come l’Ici), salvo poi trovare altri sistemi per garantire analoghi introiti.
Nessuno però dice nulla sulla odiosa “tassa sulla automobile”. Non mi riferisco al cosiddetto bollo auto (la tassa sulla circolazione), ma alla assicurazione per la responsabilità civile, obbligatoria per legge.
Se il principio, in astratto, sarebbe sacrosanto, in quanto finalizzato a garantire il risarcimento cagionato da sinistri stradali, questo istituto con gli anni ha di fatto trasformato la propria natura, perdendone addirittura le connotazioni originarie. Non vi è sinistro con danni di una certa entità – cioè quelli in cui la parte ha realmente difficoltà a rimborsare i danni – in cui le compagnie assicurative non facciano uso di tutti i cavilli giuridici e contrattuali possibili, per evitare di pagare il dovuto: pressione delle gomme, cinture non allacciate, modifiche al mezzo assicurato, distrazioni del conducente, ecc. sono solo una parte dell’arsenale a disposizione degli assicuratori, che, nella migliore delle ipotesi, prima di pagare costringono lo sventurato autore dell’incidente ad un calvario giudiziario. Spesso, invece, grazie anche ad una giurisprudenza favorevole e a norme ad hoc, non pagano o pagano molto meno rispetto a danni cagionati in altro modo. Insomma, se ti rompo una gamba ti devo pagare 1.000. Se te la rompo in un sinistro stradale ti devo pagare 100. E’ mai accettabile?
Sia chiaro: non sto mettendo in discussione le ragioni specifiche che, nei singoli casi, adduce la parte contrattuale forte (l’assicurazione) per non pagare, ma l’effetto finale che ne deriva. In altre parole, credo sia indubitabile che il meccanismo della responsabilità civile obbligatoria non garantisce più come una volta il risarcimento del danno alle vittime. I premi da pagare, invece, si sono in alcuni casi decuplicati.
Perché? Perché le assicurazioni dicono che è un settore non conveniente. E allora una giungla di tariffe: bonus/malus, numero di chilometri massimo, età del conducente, modalità di ricovero del mezzo, massimali e quant’altro, che, però, spostano solo di poco il prezzo del contratto, che – tanto per fare un paragone – ormai è ben maggiore della (vecchia e abrogata) Ici. Il tutto dando l’illusione di una reale concorrenza.
Allora, mi chiedo, se in caso di incidenti gravi le compagnie assicuratrici non garantiscono spesso il pagamento dei danni (facendo ricorso a mezzi processuali e contrattuali), se le stesse compagnie affermano di essere “in rosso” nel settore Rc auto (io, in realtà, ne dubito), e se ogni italiano si lamenta giustamente dei premi troppo alti da pagare… perché non abolire quella che sembra ormai divenuta una inutile, odiosa, “tassa”?
Ne guadagnerebbero le compagnie, le tasche degli italiani e, non da ultimo, l’economia nel suo complesso.