“Berlusconi alle prossime elezioni? Miglior notizia di questa non potevamo ricevere oggi. Incoraggiamo Alfano in questo senso”. L’entusiastica dichiarazione non è di Sandro Bondi né di Emilio Fede, apostoli del signore del conflitto di interessi ma di Enrico Letta, vicesegretario del Pd commentando la proposta dell’Angelino ex ministro di Giustizia di ricandidare nel 2013 l’attuale premier alla guida del Paese. Chiaramente ironica l’osservazione del numero 2 del Partito democratico: Berlusconi è alla frutta, tra processi, gaffe internazionali, perdita dei consensi e liti nella maggioranza e qualora si ricandidasse sarebbe inevitabilmente destinato alla sconfitta.
Siamo sicuri? Chi scommetterebbe, certo di vincere, che l’uomo più ricco e ricattatore d’Italia non sia in grado di risalire la china, come tante altre volte ha fatto, anche quando tutti lo davano sul viale del tramonto? Indro Montanelli scriveva che la cosa peggiore è “la facilità, la spontaneità con cui Berlusconi mente, e con cui le sue menzogne, a furia di ripeterle, evidentemente vengono bevute dagli altri”. Siamo certi che questi “altri” abbiano finalmente compreso l’inganno?
Berlusconi potrebbe anche non vincere alle prossime elezioni politiche ma perché caldeggiare la sua ricandidatura e non affermare ad esempio, Codice alla mano, che è ineleggibile? “I rappresentanti, amministratori e dirigenti di società e imprese volte al profitto di privati e sussidiate dallo Stato con sovvenzioni continuative o con garanzia di assegnazioni o di interessi non sono eleggibili…” Non è il paragrafo di una bozza di legge sul conflitto di interessi, mai peraltro realmente voluta dal centrosinistra, ma il testo, disatteso, inapplicato, raggirato del decreto del Presidente della Repubblica datato… 30 marzo 1957!
Ma non è solo un problema di conflitto di interessi. E’ il principio, ormai tristemente accettato e sponsorizzato, purtroppo anche in vari settori del centrosinistra, che a guidare il Paese possa essere un uomo ricco e potente, un magnate della finanza o dell’industria. Ripetendo la stessa inquietante equazione con la quale Berlusconi ha vinto e convinto gli italiani: “se ho ottenuto straordinari successi con le mie aziende posso farlo anche con il Paese”.
L’equazione si è dimostrata a dir poco fallimentare eppure in questi giorni è arrivata una trasversale benedizione alle autocandidature di personaggi, sicuramente più presentabili del puttaniere pluriprocessato di Arcore ma la cui scesa in campo nasce con le stesse motivazioni.
Enrico Letta (Pd): “Alessandro Profumo? Lo candiderei subito. Secondo me Profumo è una persona competente e appassionata. Ce ne sarebbe bisogno, di persone come lui”. Francesco Rutelli (Api): “Luca Cordero di Montezemolo? Bene. chiunque vuol dare un contributo alla politica di questo paese è il benvenuto, perché il paese ha bisogno di energie nuove, di gente capace”. Senza dimenticare che nel 2000, tra le file del centrosinistra, ci fu persino chi fece il nome di Antonio Fazio come possibile leader…
Perché? Per quale ragione un banchiere o un dirigente d’azienda dovrebbero avere più titoli per governare un Paese di un sindaco, onesto e capace del nord, del centro o del sud che ha ben amministrato la sua città, lontano dai riflettori e senza coltivare interessi privati?