L'ex amministratore delegato dell'azienda energetica in concorso con altri dirigenti è accusato dalla procura di Rovigo di "omissioni dolose di cautele". Tra gli indagati anche Fulvio Conti
Nuovi guai, e stavolta belli grossi, per Enel e il suo ex amministratore delegato Paolo Scaroni. Il numero uno del colosso energetico, infatti, è finito sotto inchiesta in Veneto per presunte “omissioni dolose di cautele” legate alla centrale Polesine Camerini di Porto Tolle, in provincia di Rovigo. Nel mirino della magistratura, l’ attività dell’impianto al confine con l’Emilia Romagna negli anni in cui era ancora alimentato ad olio combustibile. Con Scaroni, a novembre, dovranno presentarsi in aula altre nove persone tra vertici di Enel, ex funzionari e dirigenti.
Spicca, tra questi, il nome di Fulvio Conti, amministratore delegato di Enel spa all’epoca dei fatti contestati (dal 1998 al 2002), difeso per l’occasione dal sindaco- avvocato Giuliano Pisapia. Nella richiesta di rinvio a giudizio, per il nuovissimo filone della maxi inchiesta aperta dal sostituto procuratore di Rovigo Manuela Fasolato, viene contestata, in sintesi, la presunta mancata adozione di cautele prescritte dalla legge e, più specificatamente, l’articolo 437 del codice penale.
Il processo è stato chiesto, oltre che per Scaroni, per gli ex funzionari e dirigenti di Enel Leonardo Arrighi, 59 anni di Pisa; Antonino Craparotta, 65 anni, di Udine; Giuseppe Antonio Potestio, 72 anni, di Perugia; Alfredo Inesi, 72 anni, di Roma e Sandro Fontecedro, 67 anni, di Tarquinia. E ancora: gli ex direttori dell’impianto nel Delta del Po Renzo Busatto, 56 anni di Mogliano Veneto e Carlo Zanatta, 65 anni, di Treviso; Fulvio Conti, 64 anni, amministratore delegato di Enel e l’ex Francesco Luigi Tatò, 79 anni.
Gli indagati “omettevano di collocare e far collocare – si legge nella richiesta di rinvio a giudizio – impianti e apparecchi destinati a prevenire disastri e/o infortuni sul lavoro consistiti nel pericolo dell’insorgenza o nell’aggravamento di malattie respiratorie (…) nonché di bronco reattività aspecifica, asma e rinite allergica, e malattie cardiovascolari, in dipendenza dell’ inalazione e ingestione di sostanze inquinanti”. Tra queste sostanze spiccano “So2, Nox, polveri, particolato, metalli tra cui vanadio, emesse in atmosfera dal 1998 al 31.12.2004 in ingenti quantità dalla centrale termoelettrica di Porto Tolle”.
Le malattie respiratorie e cardiovascolari sono finite sotto la lente di ingrandimento del professor Paolo Crosignani e della dottoressa Teresa Magnani, consulenti che hanno analizzato i possibili effetti sanitari nella popolazione dei Comuni entro un raggio di circa 30 chilometri dall’ impianto: Porto Tolle, Porto Viro, Ariano nel Polesine, Taglio di Po e Rosolina, in provincia di Rovigo, e Mesola, in provincia di Ferrara. I consulenti hanno usato “uno studio epidemiologico osservazionale” contenuto in una relazione di consulenza tecnica dello scorso 3 maggio. Questo, per rispondere ad un quesito del magistrato che ha portato i consulenti alla considerazione, a dir poco chiara, contenuta nel capitolo conclusivo.
“Lo studio – si legge – ha messo in luce profili di rischio per la popolazione degni di nota, specialmente in relazione ad alcuni indicatori biologici strettamente correlati con l’ attività della centrale (…) Come nei biomonitoraggi condotti nelle precedenti Ctu, in cui si erano registrati sintomi a carico della componente della flora più sensibile ed esposta alle immissioni della centrale di Porto Tolle- riduzione di biodiversità, bioaccumulo abnorme di vanadio e nichel – così anche gli effetti avversi alla salute evidenziati nel presente studio hanno riguardato la componente maggiormente esposta e sensibile della popolazione umana, quella dei bambini”.
Resta, infine, il fatto che le “conseguenze di tipo sanitario, registrate in termini di incremento di ricoveri ospedalieri per patologie respiratorie, hanno interessato i bambini residenti nelle aree di maggior impatto della centrale; le percentuali di aumento dei ricoveri, rispetto alla popolazione di bambini non o meno esposti alle immissioni della Cte (centrale termoelettrica, ndr) sebbene non particolarmente alte (intorno al 10-15%) non possono tuttavia ritenersi trascurabili”. La consulenza, che prende in esame anche le patologie sui minori dagli 0 ai 14 anni, ha dato dunque una svolta notevole all’inchiesta che porterà il prossimo 22 novembre alla celebrazione dell’ udienza preliminare per Scaroni e gli altri vertici di Enel. Che dovranno rispondere di aver continuato “ad omettere la collocazione di impianti nella centrale destinati a prevenire disastri e infortuni conseguenti alle emissioni di sostanze inquinanti comportanti il pericolo dell’insorgenza o dell’aggravamento di malattie respiratorie e deterioramento dell’ambiente circostante, decidendo di chiedere la riconversione della centrale a carbone”. Parti offese nel procedimento, oltre al battagliero Comitato Cittadini liberi di Porto Tolle difeso dall’avvocato Matteo Ceruti del foro di Rovigo, anche i Comuni le Province e le Regioni interessante – Veneto ed Emilia Romagna – l’Ente Parco Delta del Po (avvocato Luigi Migliorini) per la parte veneta, l’Ente Parco Emilia Romagna, il Ministero dell’Ambiente e il Ministero della Salute. Intanto, continua l’indagine sull’altro filone di inchiesta, sempre legato alla centrale Enel, incentrato su presunti illeciti che avrebbero accompagnato l’iter di valutazione del progetto a carbone da parte delle commissioni Via regionale e nazionale. E sempre sulla centrale, in passato la procura aveva già avviato altre inchieste, entrambe concluse con l’archiviazione, su campioni biologici di persone malate, anche di tumore, in cui si cercava un collegamento tra patologie ed emissioni dell’impianto.