“Gli edifici non sono a norma? E noi non apriamo le scuole”. E’ questo l’avvertimento, unanime, di sei presidi delle scuole superiori di Cesena di fronte alla Provincia. La questione dell’idoneità statica e della sicurezza in caso di sisma delle strutture scolastiche locali costruite prima del 1983 si fa sempre più complicata, soprattutto in un territorio, quello di Forlì-Cesena, teatro in questi mesi di un vero e proprio sciame di scosse. Con un’interrogazione ad hoc in Consiglio provinciale, è stato il capogruppo del Pdl Stefano Gagliardi, recentemente, a chiedere che a livello locale venissero resi pubblici i test antisismici (carotaggi effettuati nel 2009) su tre scuole in particolare: l’istituto tecnico industriale Marconi, l’istituto d’arte e l’Itas Giorgina Saffi, tutti e tre nel comprensorio forlivese.
Ebbene, anche nel Cesenate la situazione non sembra affatto da sottovalutare. Appena ricevute dai dirigenti della Provincia i dati sui test medesimi, i presidi si sono messi di traverso: sono Gianpaolo Ceccarini (istituto tecnico commerciale Serra), Dea Campana (liceo scientifico Righi), Antonio Giosa (istituto professionale Macrelli), Gianferruccio Brambilla (istituto tecnico agrario), Simonetta Bini (liceo scientifico Agnelli e istituto tecnico commerciale Agnelli di Cesenatico). “Dato che la Provincia ci ha fatto sapere che non siamo a norma, noi non possiamo assumerci la responsabilità di aprire le porte agli studenti il prossimo 19 settembre”, è il loro coro. Dopo aver informato mercoledì l’assessore alla Scuola del Comune di Cesena, Elena Baredi, e la propria omologa in Provincia di Forlì-Cesena Bruna Baravelli, i presidi hanno informato i colleghi nei rispettivi istituti.
Per portare a termine i test in questione, realizzati a campione, l’ente provinciale ha ricevuto dalla Regione Emilia Romagna un contributo ad hoc di 250 mila euro cui ne ha aggiunto circa 100 mila in meno di tasca propria. Con riferimento al criterio più restrittivo, quello che fissa alla soglia 300 chilogrammi per metro quadrato la resistenza minima dei solai, tutte le scuole cesenati in ballo sono risultate non adeguate.
Va detto che non certo solo gli istituti romagnoli sono alle prese con il problema, dato che dopo il 1983 le norme in materia sono state cambiate. A Cesena gli unici edificati post 1983 sono il Cubo, struttura vicino alla stazione che accoglie il liceo classico e la scuola geometri, e l’istituto professionale Comandini. Sta di fatto che per sbrogliare la matassa ieri due assessori provinciali (oltre a Baravelli, il titolare delle Infrastrutture Marino Montesi) sono stati ricevuti in Regione dalla collega Paola Gazzolo, mentre il presidente della Provincia, Massimo Bulbi, se la prende con “i requisiti troppo rigidi” del decreto ministeriale del 14 gennaio 2008, quello specifico in materia.
“Le scuole del territorio di Forlì-Cesena sono sicure quanto lo erano gli scorsi anni, le situazioni più critiche, come quella dell’ex istituto di via Giorgina Saffi o dell’ex Oliveti a Forlì, sono già state affrontate e risolte dalla Provincia. Il nodo da affrontare in questi giorni è più amministrativo che tecnico”, hanno detto in coro Baravelli e Montesi dopo il vertice a Bologna.

Da tempo, assicurano i due, la Provincia sta lavorando “sull’annoso problema della sicurezza degli istituti scolastici del territorio, alla luce di norme molto restrittive, corrette sulla carta ma che rischiano di mettere sullo stesso piano edifici costruiti nell’Ottocento con quelli di ultimissima generazione”. Posto allora che sono state eseguite indagini “nelle forme e negli istituti definiti dalla legge” e che sono disponibili gli esiti per i primi nove edifici della Provincia, che ha competenze solo sulle scuole superiori, i risultati che hanno messo in allarme i presidi “erano prevedibili e noti fin dall’inizio, in quanto riguardano le normative edili che si sono succedute nel tempo, ed in particolare quelle prima del 1983, anno in cui sono stati applicati i moderni criteri dell’antisismica”, ribadiscono gli assessori provinciali.
Questa situazione, secondo Bulbi, “è l’esempio lampante di cosa possono produrre i tagli indiscriminati dei trasferimenti del Governo a Regione ed enti locali”. Da una parte, è il ragionamento del presidente, lo Stato impone norme severe che richiedono costosi adeguamenti, dall’altra non vengono fornite le risorse per realizzare gli interventi, “lasciando poi chi ha la titolarità degli edifici scolastici, vale a dire le Province, i Comuni e altri soggetti nei dubbi interpretativi”. Del resto, tira le somme Bulbi, “le scuole del territorio di Forlì-Cesena hanno gli stessi problemi di tutte le scuole d’Italia: anzi, le recenti realizzazioni di nuovi edifici scolastici, come il Cubo a Cesena, ci mettono tra i territori più progrediti in fatto di sicurezza antisismica”.

L’incontro con Gazzolo, riporta comunque il numero uno della Provincia, “è stato positivo, con l’impegno da parte della Regione di convocare per i primi giorni della prossima settimana il Comitato tecnico-scientifico regionale, l’organo deputato a sciogliere questo nodo”.
In ogni caso, insiste il presidente, “è bene precisare che non esistono situazioni di particolare rischiosità di singoli edifici: siamo fiduciosi nell’apertura delle scuole nella massima sicurezza per gli studenti e per gli operatori scolastici, come d’altra parte è sempre stato, viceversa saremo i primi a sostenere le ragioni della sicurezza se si verificherà che mancano dei requisiti”.
Ma soprattutto Bulbi e compagnia auspicano che “dallo Stato arrivino le risorse che potrebbero permetterci di realizzare i necessari interventi e risolvere una volta per tutte queste problematiche”. Se circa l’80% delle scuole in tutta la Regione, comunque, non sono in grado di rispettare appieno  i requisiti imposti dal decreto del 14 gennaio 2008, è evidente che il problema esiste. I presidi, e i loro studenti, restano alla finestra.

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