Respinto l'emendamento del Pd che chiedeva un'asta competitiva per l'assegnazione delle nuove frequenze tv digitali. Una misura che avrebbe potuto alleggerire la scure sugli enti locali. Vita: "Un altro caso emblematico del conflitto d'interessi di Berlusconi"
“In commissione Bilancio ci abbiamo provato, ma è andata male”. E’ la delusione il sentimento principale fra le file del Partito democratico che al Senato si è visto bocciare per un solo voto (13 contro 12) il suo emendamento alla manovra sull’asta per le frequenze televisive. La normativa, presentata dai senatori Luigi Zanda e Vincenzo Vita e condivisa anche da Italia dei valori e Terzo polo, puntava a indire un’asta competitiva per l’assegnazione delle frequenze generate dal passaggio della televisione dalla tecnologia analogica a quella digitale.
Ma le opposizioni hanno sbattuto contro un muro e il cosiddetto “dividendo digitale” sarà assegnato alle emittenti che parteciperanno alla gara tramite un “concorso di bellezza” (beauty contest): senza che lo Stato guadagni un euro dall’operazione.
Eppure, proprio in questi giorni, è in corso un’altra competizione che riguarda le compagnie telefoniche. Come nel caso delle tv, i colossi delle telecomunicazioni (Wind, Telecom Italia, Vodafone e H3g) stanno dandosi battaglia per conquistare un’altra porzione di etere (sempre liberata dalla digitalizzazione-compressione dei segnali televisivi) su cui far correre i servizi multimediali della telefonia mobile (la futura rete 4G).
La differenza fra le due gare è che nel caso delle emittenti televisive l’Agcom, e ministero dello Sviluppo economico hanno optato per il beauty contest, mentre per le Tlc si è scelta una normale asta competitiva. Che, fra proposte iniziali e successivi rilanci, frutterà la bellezza di 3 miliardi di euro.
“E’ un caso di scuola del conflitto d’interessi del presidente del Consiglio – attacca Vita – che dimostra un concetto semplicissimo: finché Silvio Berlusconi sarà al governo è semplicemente impossibile fare qualsiasi legge che vada a scalfire gli interessi di Mediaset”.
Alle televisioni del premier, assieme a Rai, Sky e altre emittenti, verrà fatto un regalo che se fosse stato messo all’asta avrebbe potuto fruttare fino a due miliardi di euro, andando ad alleggerire i tagli alla spesa pubblica che stanno mettendo in ginocchio gli enti locali.
“E’ un’ingiustizia – dice Zanda – Questa mattina abbiamo ricevuto i rappresentanti di comuni, province e regioni che illustravano come la mannaia del governo li costringerà a cancellare una serie di servizi, dai trasporti alla sicurezza. E la maggioranza cosa fa? Regala un prezioso bene dello Stato alle emittenti televisive”:
I senatori del Pd hanno deciso di ripresentare lo stesso emendamento anche in Aula, in modo che, se non verrà posta la questione di fiducia, ci sarà almeno lo spazio per una discussione pubblica. Perché, come sostiene Vita, “l’interesse del governo è di far passare l’operazione sotto il massimo silenzio, dato che siamo di fronte a una palese ingiustizia: si taglia tutto, ma si regalano 2 miliardi alle televisioni. Mediaset compresa”.
Una prova del massimo riserbo dell’esecutivo l’hanno avuta oggi i giornalisti che cercavano di strappare una dichiarazione al ministro dello Sviluppo economico. Alla domanda sul perché la maggioranza abbia deciso di regalare quel patrimonio ai canali televisivi, Paolo Romani non si è neanche degnato di rispondere. “Non sapeva cosa dire”, scherza Zanda. “E se poi gli scappava la verità?”, si chiede sarcasticamente Vita. Entrambi però sono certi che il ministro con la bocca cucita sappia benissimo cosa fare: a partire da domani, quando prenderà il via la gara per l’assegnazione delle super-frequenze digitali. Che, secondo i senatori democratici, sarà un’allegra sfilata di televisioni, sempre quelle, con tanto di regalo finale. Alla faccia dei tagli e del pluralismo dell’informazione.